L'intervista

Crisanti: "Zone rosse funzionano, Veneto zona gialla non tanto: a pagare sono state soprattutto le Rsa"

Secondo l'esperto non si può usare come misura di sorveglianza il tampone rapido: "Ha una sensibilità bassa, se sfugge un positivo e questo va in un centro per anziani fa una strage".

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Divisione in zone, misure di sorveglianza e numero dei contagi. Il virologo Andrea Crisanti fa il punto della situazione pandemica in Italia e ammonisce: "In questo periodo abbiamo imparato che le zone rosse funzionano, mentre quelle gialle no".


Crisanti e la divisione in zone: "Quelle rosse funzionano, le gialle no"

Tutti si attendevano un calo dei contagi. Dal primo all'ultimo italiano, infatti, chiunque dall'applicazione delle misure di contenimento basate sulla distinzione a fasce di colore differenziato, si aspettava che la curva epidemiologica frenasse in modo sensibile e poi iniziasse a scendere in modo sensibile.

Ma questo, come si può facilmente capire analizzando i numeri del bollettino quotidiano della Protezione civile, non sta avvenendo. O meglio, un rallentamento c'è stato, rispetto a novembre. Ma il dato relativo ai positivi resta comunque elevato, così come, purtroppo, anche quello delle vittime di Covid. Come ci si può spiegare questo fenomeno? E cosa ci si può aspettare? Le misure applicate, in altre parole, sono servite?

A rispondere a questi importanti quesiti è stato il virologo Andrea Crisanti in un'intervista rilasciata a Sky Tg24, in cui ha fatto un po' il punto della situazione evidenziando quanto fino a questo momento è emerso nel caso italiano di questa seconda e violenta ondata di pandemia da coronavirus.

"Prima di tutto occorre dire che qualcosa dalle misure applicate abbiamo imparato - ha spiegato il virologo - Abbiamo appreso, per esempio, che le zone rosse funzionano. Diversamente, invece, abbiamo constatato che quelle gialle non vanno bene. Soprattutto se in queste regioni si applicano misure di contenimento sbagliate".

La riflessione del virologo mira proprio a prendere come esempio il Veneto, prima regione a effettuare - nella prima ondata dello scorso marzo - lo screening della popolazione a Vo, proprio su intuizione dello stesso Crisanti che per l'occasione si era trasformato in un laboratorio di studio del virus.

"Il Veneto è rimasto zona gialla - ha chiarito - E questo forse dalla popolazione è stato percepito come un premio, come una medaglia. Se poi si aggiunge che ci si è basati su misure di sorveglianza come i tamponi rapidi, che non sono adatti a questo scopo, si arriva a capire la situazione odierna. Se noi vogliamo proteggere, per esempio, gli anziani, non si possono usare i test rapidi che hanno una sensibilità del 30 per cento. Perché questo significa che su dieci positivi ne mancano tre, e una volta che un infetto entra in una Rsa fa una strage".

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