Tamponi Veneto, Zaia: "Al lavoro il macchinario in esclusiva dall’Olanda per velocizzare l’analisi"
Unici in Italia ad aver acquistato una macchina per produrre i tamponi: si mira a produrre autonomamente anche i detergenti.
In fase di test i tamponi “Made in Veneto” ma si pensa già al “dopo” e al decreto governativo. Intanto, è operativo il macchinario acquistato in Olanda per la lettura dei tamponi.
I nuovi macchinari
Da martedì o mercoledì verrà aumentata la capacità di effettuare tamponi sulla cittadinanza perché entrerà in uso la macchina acquistata, arrivata dall’Olanda e collaudata da due tecnici inglesi. Il Veneto è l’unica regione in Italia ad avere questo tipo di macchinario che ha un potenziale di 9mila tamponi testati al giorno. Questo permetterebbe di analizzare giornalmente, in totale nel Veneto, fino a 15mila tamponi. Sono in fase di test anche i tamponi “Made in Veneto”, stando a quanto detto dal dottor Rigoli, responsabile dell’Unità di Microbiologia presso l’Ospedale di Treviso e vicepresidente dell’associazione italiana dei microbiologi clinici, chiamato proprio da Zaia per coordinare le attività delle sezioni di microbiologia nella regione durante tutto il perdurare dell’emergenza.
Ci sarebbero due ipotesi
A detta del presidente Zaia, si potrebbe costruire un provvedimento in velocità oppure iniziare adesso a costruire con calma e attenzione un decreto che possa funzionare per tutti. Resta questa la settimana definitiva e ovviamente non si abbassa la guardia. “Siamo felici e preoccupati”: il lavoro fatto dai veneti va riconosciuto e se i contagi sono stati contenuti è ovviamente merito di coloro che hanno rispettato le regole e dettano la tendenza ma è preoccupante pensare cosa accadrà quando si riaprirà tutto perché il virus è ancora in circolo.
Il presidente risponde a chi lo ha criticato per le sue misure, inizialmente ritenute drastiche. Uscire dai canoni della quotidianità non è sbagliato: aver messo in quarantena i veneti ha permesso di intervenire con rapidità.
Per le donazioni, si va verso i 30 milioni di euro: la donazione da 7 milioni di cui si è già discusso è in arrivo e questo farà la differenza.
Il “dopo Covid” negli ospedali
Per Schiavonia e Sant’Orsolo c’è già un’idea di riutilizzo post epidemia: sono ospedali strategici Covid ma bisogna pensare anche a farli ripartire nel modo giusto. Verranno identificati come centri di riferimento per prossime epidemie perché sono già allestiti e possono essere utilizzati in caso di bisogno. Questo è necessario perché il virus non scomparirà pochi giorni dopo la riapertura e quindi bisogna essere preparati ad intervenire. Verranno disallestiti solo i posti letto ingombranti, ad esempio nelle sale operatorie: dove prima si operava, oggi ci sono i letti perché si sfruttano i respiratori che c’erano ma bisogna spostarli. Tutto ciò che si può lasciare, pronto all’uso, si lascerà dove si trova: del resto, c’è più di un migliaio di macchinari in utilizzo.
E per chi è fuori?
I cittadini veneti a Londra o negli Stati Uniti telefonano terrorizzati perché hanno paura del contagio. Non possono tornare al momento ma bisogna pensare al sistema sanitario nazionale e come funziona: fino ad ora, il sistema italiano e la Regione Veneto hanno dimostrato di saper reagire alle emergenze.