Secco no alla versione rosé del Valdobbiadene e Asolo Prosecco Superiore DOCG
Le Confraternite di Valdobbiadene e Asolo-Montello prendono posizione a difesa delle radici storico-territoriali della Denominazione.
No alla versione rosé del Valdobbiadene e Asolo Prosecco Superiore DOCG. Snatura il vino, svilisce la sua storia e lo sradica dal suo territorio di produzione e di origine. Decisa e inequivocabile la presa di posizione delle Confraternite di Valdobbiadene e Asolo-Montello.
La netta presa di posizione
Non si tratta di un arroccamento purista tout court. "Piuttosto - affermano le confraternite - della volontà di salvaguardare la tradizione, bocciando di netto quella che appare come una mera strategia di marketing, fredda ed aggressiva. Il vino, soprattutto se DOCG, non è semplicemente prodotto di consumo. È piuttosto l’espressione di un territorio specifico, identificabile, al quale è strettamente legato, dove affonda radici storiche e culturali. Territorio in cui da secoli si coltiva un vitigno a bacca bianca. Non riconoscere e non rispettare questo principio, unicamente per ragioni commerciali, significa oltraggiarne la storia e conseguentemente precludere un futuro di forte identità fra prodotto e territorio". Le Confraternite di Valdobbiadene e Asolo-Montello ritengono che sia più proficuo, per le rispettive Denominazioni, rafforzare il prezioso bagaglio storico-culturale che le caratterizza e allo stesso tempo difendere, e diffondere, una identità solida ed univoca.
"Storia e cultura devono essere rispettate"
“Il principio da salvaguardare – afferma Enrico Bortolomiol, Gran Maestro della Confraternita di Valdobbiadene – è la connessione stretta ed inestricabile fra prodotto e territorio. Storia e cultura devono essere rispettate, devono rappresentare il solco. La direzione dev’essere univoca e così la logica di prodotto. Per dirla in altri termini, un unico territorio, un unico prodotto, pienamente riconoscibile dal consumatore”. Franco Dalla Rosa, Gran Maestro della Confraternita Vini Asolo Montello: “Il nostro territorio ha una storia, intessuta di tradizioni, di fatiche, di sacrifici e di antico sapere. Il prosecco rosé non fa parte di questa storia, è qualcosa di inventato e di copiato. La nostra arma vincente? Legare al vino, paesaggio, cultura e tradizioni. I vigneti di collina e di alta collina, viste le difficoltà di coltivazione, devono continuare ad avere una valenza superiore, riscontrabile nella qualità, nella storia stessa del vino e nella gestione del paesaggio, anche per una migliore fruizione turistica”.