Ragazzi come "vampiri": svegli la notte, incollati al web
Venerdì scorso il convegno sul vamping, fenomeno aggravato da pandemia e lockdown.
Più di un ragazzo su 3, il 35,7%, chatta, naviga sui social, guarda on line video o serie tv dopo la mezzanotte «e lo fa per noia, solitudine, tristezza ma anche per semplice mancanza di stanchezza, spesso senza che la famiglia lo sappia» e con conseguenze che potrebbero poi pesare sullo sviluppo psico-fisico.
Ragazzi come vampiri: svegli la notte, incollati al web
Sono i risultati di un’indagine condotta dalla professoressa Maria Serena tra 367 studenti di una scuola superiore di Conegliano e a cui si è ispirata la Fondazione Ars Medica, braccio operativo culturale dell’Ordine veneziano dei Medici, per organizzare il primo convegno in presenza da oltre un anno e mezzo dal titolo “Svegli la notte: il vamping nel salto socio-tecnologico post Covid”, che si è svolto, nel pieno rispetto delle norme anti Covid, il 24 settembre scorso al Padiglione Rama dell'Ospedale dell’Angelo di Mestre.
Sotto i riflettori ragazzi e adolescenti, di fatto dimenticati durante la pandemia, e un fenomeno, il vamping, non nuovo in realtà, ma che l'isolamento dovuto al lockdown e alla DAD, sta facendo emergere in modo preoccupante.
Ragazzi, tanti a quanto pare, che stanno svegli la notte incollati al web: un fenomeno di natura subdola, come ha spiegato la dottoressa Emanuela Malorgio, pediatra esperta di disturbi del sonno. "Ce ne accorgiamo – ha detto – quando arrivano all'osservazione degli operatori per gli effetti della deprivazione del sonno: stanchezza, malessere generalizzato, calo del rendimento scolastico, alterazioni dell'appetito, fino ad arrivare a disturbi dell'umore, aggressività, abuso di droghe e di sostanze eccitanti".
Una vera e propria dipendenza
Un problema che per qualche adolescente comincia ad assumere il profilo di una vera e propria dipendenza e che verosimilmente crescerà nei prossimi anni. Sarà, dunque, necessario attrezzarsi sul territorio "con modalità di trattamento e spazi adeguati, vista anche l'età dei soggetti coinvolti", come hanno sottolineato gli specialisti dei Servizi Dipendenze (SERD) dell'Ulss 3 Serenissima e dell’Ulss 4 Veneto Orientale Silvia Faggian e Diego Saccon.
Tanti i fattori di rischio individuati dagli esperti: la vulnerabilità individuale, il contesto familiare, oggi profondamente mutato, quello sociale, che richiede ragazzi sempre più “performanti”, e l'assenza di momenti aggregativi, anche per colpa della pandemia.
Che risposte, allora, si possono dare? Primo passo: richiamare le famiglie alla loro responsabilità educativa, "evitare come genitori la collusione con i figli per timore della contrapposizione" ha spiegato il medico e psicoterapeuta Marco Ballico, ricordando come proprio la famiglia sia il primo laboratorio relazionale di cui si fa esperienza.
La famiglia, il primo esempio
Fondamentale anche intervenire sui genitori dei più piccoli educandoli ad un uso responsabile dei device. "Siamo noi il primo esempio – hanno sottolineato le neuropsichiatrie infantili Elisabetta Baioni e Ambra Cappellari – non si può chiedere ai figli di mollare il cellulare di notte se noi lo teniamo sul comodino".
Importante infine costruire una rete sul territorio tra famiglie, operatori, medici e insegnanti per individuare precocemente i segni della deprivazione di sonno e far emergere il problema. E a dare una mano in questa direzione potrebbe essere il progetto Piazza della Salute dell'ENPAM (l'ente previdenziale dei camici bianchi), presentato da Laura Petri, per studiare il fenomeno sui territori, allargando il questionario a più scuole possibili, per organizzare iniziative di sensibilizzazione e formare operatori esperti sul tema.
Un centinaio, circa, le persone presenti al convegno. In sala anche i possibili medici di domani: molti studenti del Liceo Majorana-Corner di Mirano, impegnati nel percorso di potenziamento-orientamento di Biologia con curvatura biomedica, illustrato dal referente per l'Ordine, Luca Barbacane, medico di famiglia a Martellago.