Emergenza Piave, alveo lievitato per l'accumulo di ghiaia: "Corriamo ai ripari prima che sia troppo tardi"
Il presidente del CRIF, Amedeo Zanardo, chiede maggiore libertà d'azione: "Un'inondazione come quella del 1966 avrebbe conseguenze gravi".
L'allarme lanciato da Amedeo Zanardo, presidente del CRIF (Consorzio regimazione idraulica fiumi).
Emergenza Piave, alveo lievitato per l'accumulo di ghiaia: "Corriamo ai ripari prima che sia troppo tardi"
"Serve intervenire subito per disinnescare il pericolo rappresentato dall’enorme accumulo di ghiaia che ha determinato un’innalzamento del letto del Piave di oltre un metro".
E' l'allarme lanciato da Amedeo Zanardo, presidente del CRIF (Consorzio regimazione idraulica fiumi), realtà che sin dal 1993 ha un'attenzione particolare all'ambiente.
"Da sempre le 15 aziende che lavorano nell'estrazione e movimentazione della ghiaia e degli accumuli sul Piave vengono additati come "sfruttatori" del territorio".
Non è assolutamente questa la verità, sostiene Zanardo, che fa sapere come dal 1993 ad oggi, "in tempi in cui nessuno parlava di salvaguardia dell’ambiente e di rispetto del territorio" il CRIF ha creato ben quattro parchi naturali nelle prossimità dell’alveo del Fiume Sacro alla Patria.
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Il primo, di 35mila mq creato nel nel 1993 si trova in località "Fontane Bianche" a Moriago della Battaglia, il secondo in ordine di tempo a Mareno di Piave, di 15.000 mq è stato negli anni usufruito da associazioni volontaristiche come gli scout uso campeggio, e messo i a disposizione di tutti coloro che ne hanno fatto richiesta nel corso degli anni in maniera assolutamente gratuita, il terzo conta 8000 mq in zona San Michele del Piave è stato per anni il luogo dove si svolgeva la festa del camionista. L’ultimo a metri quadri Candelù misura 4000 Un totale di 62.000 metri quadrati di verde.
"L’interesse del CRIF (che accorpa ben quindici aziende che danno lavoro a 700 persone) per il fiume Piave non è solamente legato all’escavazione e alla rimozione di ghiaia e detriti dal letto del fiume, ma, come dimostrano i fatti da un attento rapporto con l’ambiente che parte da tempi non sospetti e che fanno intuire come il lavoro che il CRIF svolge sia essenziale per la sopravvivenza stessa e la buona manutenzione dei fiumi nel nostro territorio".
Una situazione grave da risolvere
"Il Piave oggi è un malato grave - afferma senza mezzi termini il presidente Zanardo, riconfermato da poco alla guida del Consorzio che presiede ormai da decenni - Se pensiamo che l’enorme accumulo di ghiaia e detriti depositati dal 2009 hanno innalzato l’alveo del fiume di due, tre metri non serve certo essere un esperto per immaginare quali potrebbero essere le conseguenze per il territorio e la popolazione rivierasca ( e non solo) in caso di piene improvvise o inondazioni che storicamente si ripresentano nel
corso della lunga vita di questo corso d’acqua".
Da qui il possibile ruolo del Consorzio nella risoluzione del problema.
“Di noi si parla solo quando ci sono le piene e alluvioni - continua Zanardo - Quasi che i problemi legati al Piave siano frutto del nostro lavoro. Niente di più sbagliato. Da anni combattiamo una battaglia per far si che il Piave venga seguito con una regolare manutenzione. Non si immagina nemmeno l’enorme quantità di ghiaia e detriti che si sono accumulati dal 2009. Conclude il presidente - Ci vorrebbero decenni per rimuoverli tutti , ma a un ritmo quadruplo di quello che oggi ci viene concesso di estrarre".
E ancora:
"Il problema va risolto assieme. Analizzare la situazione e fare un programma per i prossimi decenni. Noi come CRIF chiediamo solo di poter lavorare estraendo quella ghiaia che accumulandosi negli anni sta creando l’emergenza. Ci viene concesso poco spazio per agire. Ogni volta che dobbiamo estrarre serve preparare un progetto con costi di gestione che lievitano ogni giorno ogni giorno dobbiamo pagare cifre molto alte per poter fare quello che in analisi finale è un servizio che stiamo facendo al territorio".
L'auspicio di una "maggiore libertà d'azione"
"Quegli enormi accumuli vanno eliminati prima che ci siano nuove esondazioni. Per farlo abbiamo bisogno che ci venga lasciato il modo di lavorare senza troppe restrizioni. Le attuali concessioni corrispondono a secchielli di sabbia rimossi da una spiaggia. Se non si cambia, in futuro sarà la Regione Veneto a dover farsi carico di spostare gli accumuli con costi esorbitanti rispetto alle risorse che potrebbe incamerare oggi se ci venisse concessa la libertà di estrarre laddove il problema è più grave", conclude Zanardo.