Incidente mortale sul lavoro a Mareno di Piave: operaio 60enne schiacciato da una vasca di cemento
E' successo nel pomeriggio di venerdì 27 giugno 2025: la vittima è un 60enne di Santa Lucia di Piave. Il giorno prima la simulazione del lavoratore caduto a Mira e abbandonato alla fermata del bus

Nel pomeriggio di venerdì 27 giugno 2025, in provincia di Treviso si è verificato un altro tragico incidente mortale sul lavoro.
Operaio 60enne schiacciato da una vasca di cemento a Mareno di Piave
A fornire i primi dettagli sull'accaduto sono stati i Carabinieri. L'incidente sul lavoro è avvenuto intorno alle 16,30 nella ditta Ceda, situata in via Conti Agosti a Mareno di Piave.
La vittima è un 60enne indiano residente a Santa Lucia di Piave. Il decesso si è verificato dopo che l'operaio è stato schiacciato all'improvviso da una vasca contenente sostanze cementizie. Prima della tragedia, il 60enne era impegnato in operazioni di pulizia della vasca che poi lo ha travolto.
Nonostante l'allarme dei colleghi al Suem 118, nulla si è potuto per salvargli la vita: il 60enne è morto sul colpo. Sul posto, oltre ai Carabinieri, è intervenuto anche il personale dello Spisal. Solo indagini e accertamenti tecnici chiariranno l'origine e la dinamica del tragico incidente mortale sul lavoro.
Le reazioni della CGIL
La CGIL di Treviso esprime il proprio profondo cordoglio ai familiari e ai colleghi della vittima dell'incidente mortale avvenuto alla ditta Ceda di Mareno di Piave, dove un operaio di origine indiana, 60enne di Santa Lucia di Piave, ha perso la vita tragicamente a causa di un infortunio sul lavoro.
Il segretario generale della CGIL di Treviso, Mauro Visentin, ha rilasciato la seguente dichiarazione:
"Siamo profondamente colpiti da questo tragico evento. Ogni vita persa sul lavoro è una ferita che segna non solo le famiglie, ma l'intera comunità. È inaccettabile che nel 21° secolo si verifichino ancora incidenti di questa gravità. È fondamentale che le autorità competenti facciano chiarezza sulle dinamiche di questo incidente e che si adottino misure più severe per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro. Chiediamo un impegno concreto da parte delle aziende e delle istituzioni per promuovere una cultura della sicurezza e prevenire simili tragedie in futuro. Ogni lavoratore ha diritto a tornare a casa sano e salvo dopo una giornata di lavoro".

La CGIL trevigiana per l’ennesima volta fa appello per garantire che siano prese tutte le misure necessarie a evitare ripetizioni di tali eventi drammatici.
"In queste settimane di ondate di caldo, è fondamentale richiamare l'attenzione sui rischi legati alle alte temperature per le lavoratrici e i lavoratori. Lavorare in condizioni di calore estremo non solo aumenta il rischio di infortuni, ma può anche avere effetti devastanti sulla salute a lungo termine. La CGIL e l'INCA di Treviso si uniscono all'appello nazionale per garantire che tutti siano informati sui comportamenti da adottare in caso di colpi di calore e sulla necessità di ambienti di lavoro salubri, con temperature adeguate. È inaccettabile che la normativa sul microclima e sulla salute e sicurezza non venga sempre rispettata. Le aziende devono assumersi la responsabilità di proteggere i propri dipendenti, attivando le misure necessarie, come l'accesso alla Cassa Integrazione Ordinaria, in caso di superamento dei 35° C. È tempo di garantire un ambiente di lavoro sicuro per tutti, perché la salute dei lavoratori deve essere una priorità, non un costo".
Cade da un'impalcatura, abbandonato alla fermata del bus
L'incidente mortale di Mareno di Piave fa seguito di un paio di giorni a un giallo lavorativo che è avvenuto in provincia di Venezia lo scorso mercoledì 25 giugno 2025.
Il tutto è iniziato quando un 29enne di origini marocchine è stato trovato accasciato a terra alla fermata del bus "Marzenego" in via Castellana a Chirignago-Zelarino. Quello che all'apparenza sembrava essere un malore dovuto al caldo, in realtà, si è rivelato essere qualcosa di diverso. Sono stati i medici del Pronto Soccorso di Mestre a capirlo: le sue ferite - trauma toracico, costole rotte e lesioni su varie parti del corpo - erano più riconducibili a una caduta dall'alto. Per questo motivo i sanitari hanno contattato i Carabinieri.
I militari dell'Arma, ascoltando anche il ferito, che parlava poco italiano, dalle prime indagini hanno scoperto che il 29enne sarebbe caduto da un'impalcatura mentre stava lavorando sul tetto di un cantiere a Mira. Il lavoratore, oltre a non avere protezioni, non avrebbe avuto nemmeno un contratto di lavoro a suo nome, ma su questi dettagli sono in corso le verifiche degli inquirenti.
Tra gli accertamenti al vaglio, anche il fatto che il 29enne, dopo essersi ferito a seguito della caduta, possa essere stato abbandonato alla fermata del bus in via Castellana. Come riportato dal Gazzettino, infatti, alla centrale del Suem 118 era arrivata inizialmente una chiamata che riferiva di un ragazzo caduto da un'impalcatura in un cantiere di Mira. Poco dopo però, una seconda telefonata ha aggiunto che si trattasse di un falso allarme. Un'ora più tardi, alla fine, la richiesta di soccorso alla fermata del bus "Marzenego".
"È una scena disumana e un’umiliazione per il mondo del lavoro che non possiamo accettare un episodio che grida vendetta e che pone interrogativi gravissimi su cosa accada davvero nei cantieri di questo territorio - scrive la Cgil Venezia in una nota stampa -. Siamo di fronte a un misto esplosivo di illegalità, sfruttamento e disprezzo per la dignità umana. Ancora una volta emergono lavoro nero, insicurezza, mancanza di diritti, assenza totale di controlli e responsabilità. Pretendiamo subito chiarezza: chi era il datore di lavoro? Il cantiere era in regola? Il lavoratore era assunto regolarmente?
Le Istituzioni devono attivarsi immediatamente: Ispettorato del Lavoro e Regione devono dare subito risposte. Si usino tutti gli strumenti di indagine e vigilanza, si proceda con la massima severità. Non bastano più parole, servono azioni immediate e concrete. La vita e la dignità delle persone non possono essere merce sacrificabile in nome del profitto. I numeri, già drammatici, in merito agli incidenti sul lavoro, vengono messi fortemente in dubbio da fatti come questo. Quanti infortuni passano come incidenti domestici? Quanti sono gli infortuni non dichiarati per nascondere situazioni di irregolarità e per 'evitare problemi'? La chiamata al 118 per dire che non era successo nulla, sembra parlarci proprio di questo, di come ad emergere in questi casi siano solo le morti e gli incidenti gravi, mentre gli altri infortuni vengono spesso nascosti sotto alla sabbia. Chi lavora ha diritto a farlo in sicurezza con un contratto regolare, nel rispetto della legge e della persona. Questo territorio deve smettere di tollerare l’illegalità come se fosse la normalità".