Calo 24%

Veneto, crolla il numero degli artigiani: in dieci anni persi oltre 44mila

L’analisi della CGIA di Mestre: calo del 24% in dieci anni, Treviso maglia nera nell’ultimo anno con -1.720 artigiani

Veneto, crolla il numero degli artigiani: in dieci anni persi oltre 44mila
Pubblicato:

Il mondo dell’artigianato veneto vive una crisi profonda. In dieci anni il settore ha perso quasi 44.500 lavoratori, con un calo del 24%. A lanciare l’allarme è l’Ufficio Studi della CGIA di Mestre, che ha elaborato i dati INPS: se nel 2014 in Veneto si contavano 186.398 artigiani, nel 2024 il numero è sceso a 141.958.

La crisi dell’artigianato in Veneto

L’emorragia ha colpito tutte le province, ma le situazioni più critiche si registrano a Rovigo (-31,4%, pari a -2.905 artigiani), Verona (-27%, -9.726) e Padova (-24,3%, -9.130). A tenere maggiormente è stata la Città Metropolitana di Venezia con un calo più contenuto del 20,3% (-5.552).
Nell’ultimo anno, però, è stata proprio Treviso a subire la contrazione più pesante, con un crollo del 6,1% che significa 1.720 artigiani in meno.

Secondo la CGIA, le cause sono molteplici: invecchiamento della popolazione artigiana, scarso ricambio generazionale, concorrenza della grande distribuzione e dell’e-commerce, burocrazia, aumento dei costi e delle tasse. A ciò si aggiunge il cambiamento dei consumi, con i cittadini sempre più orientati verso prodotti standardizzati e usa e getta, a scapito della qualità artigianale.

Riparazioni a rischio e possibili soluzioni

La CGIA mette in guardia anche sul futuro:

"Già oggi è difficile trovare un idraulico, un elettricista o un fabbro per piccole riparazioni. Fra dieci anni potrebbe diventare quasi impossibile”.

Il progressivo abbandono di questi mestieri rischia di lasciare interi territori senza servizi essenziali. Per questo motivo si propone l’introduzione di un reddito di gestione delle botteghe artigiane nei comuni sotto i 10mila abitanti, così da sostenere chi decide di avviare o mantenere un’attività nei centri minori.

Non mancano però i segnali positivi: alcuni settori sono in controtendenza. Crescono parrucchieri, estetiste, tatuatori, gelaterie, gastronomie e pizzerie da asporto, soprattutto nelle zone a vocazione turistica. Anche l’informatica registra un’espansione, con figure come sistemisti, esperti di social media e web marketing.

Sul fronte normativo, il Parlamento ha avviato la riforma della legge quadro n. 443/1985 sull’artigianato. Tra le novità in discussione: più flessibilità nella costituzione dei consorzi, vendita diretta per chi produce alimenti, un fondo da 100 milioni per l’accesso al credito e l’innalzamento del tetto occupazionale da 18 a 49 addetti, così da allineare l’Italia agli standard europei.