I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Treviso, attraverso un comunicato stampa inviato alle redazioni, fanno sapere che, in occasione della vendemmia del 2025, nelle scorse settimane hanno effettuato diversi controlli nei confronti di varie ditte e società agricole attive nella Marca trevigiana, riscontrando numerose violazioni alla normativa lavoristica, oltre all’impiego irregolare di 14 braccianti (di cui tredici completamente “in nero”).
Braccianti in nero per la vendemmia a Valdobbiadene
Durante le attività ispettive erano poi emerse alcune situazioni più articolate e che meritavano un vaglio più approfondito. In particolare, l’attenzione dei finanzieri della Compagnia di Conegliano si è ora concentrata su una ditta individuale di Zenson di Piave, il cui titolare, di origine pakistane, aveva stipulato un contratto d’appalto con la società titolare del terreno, ubicato a Valdobbiadene e destinato alla produzione del Prosecco DOCG.
In questo vitigno erano stati censiti, all’atto dell’accesso, venti lavoratori intenti a raccogliere uve da vino. Di questi, ben 18 figuravano formalmente dipendenti dalla ditta del predetto pakistano.

Ebbene, gli accertamenti hanno permesso non solo di appurare l’impiego di un lavoratore di origine bengalese risultato sprovvisto di idoneo titolo legittimante il suo soggiorno nel territorio dello Stato (circostanza che ha comportato la denuncia alla Procura della Repubblica di Treviso del titolare della ditta individuale e dello stesso lavoratore) e l’impego di un lavoratore completamente “a nero”, ma anche una più complessa ipotesi di appalto illecito.
Sospetto appalto illecito
I reali rapporti fra l’imprenditore di origini pakistane che forniva la manodopera e il legale rappresentante della società agricola proprietaria del fondo sono risultati ben diversi da quelli indicati nel contratto di appalto sottoscritto tra i due.
L’elemento più importante che contraddistingue l’appalto e che è risultato completamente assente nella fattispecie investigata, ha riguardato l’autonomia organizzativa dell’appaltatore pakistano, che peraltro non possedeva alcun potere direttivo sui suoi “dipendenti”, i quali utilizzavano dispositivi e attrezzature anche fornite dalla società agricola.
Denunciati
Da queste premesse, i finanzieri hanno quindi proceduto a segnalare alla Procura della Repubblica di Treviso sia l’imprenditore di origini pakistane sia il legale rappresentante della società agricola per l’ipotesi di reato, appunto, di appalto illecito (previsto dal D.Lgs. n. 276/2003 – Decreto Biagi).
“L’attività costituisce ulteriore testimonianza dell’impegno profuso dalla Guardia di Finanza di Treviso nell’attività di contrasto al lavoro sommerso, fenomeno che, oltre a sottrarre risorse all’Erario, mina i diritti dei lavoratori, favorendo una competizione sleale con le numerose imprese oneste.
Nel rispetto dei diritti degli indagati, in considerazione dell’attuale fase di indagini preliminari, sono da presumersi innocenti fino alla sentenza irrevocabile che ne accerti la colpevolezza (art. 5, comma 1, D. Lgs. n. 106/2006, come introdotto dall’art. 3 del D. Lgs. n. 188/2021)”.