Suore in fuga a Vittorio Veneto, nuovo colpo di scena: ora il giallo dei 200mila euro
Secondo le religiose la Commissione si sarebbe intestata tutti i soldi del convento

Due suore di clausura del monastero di San Giacomo di Veglia, a Vittorio Veneto, hanno deciso di rompere il silenzio e raccontare la loro versione dei fatti, mantenendo però l’anonimato (in copertina: immagine di repertorio).
Suore in fuga, nuovo colpo di scena: ora il giallo dei 200mila euro
Secondo quanto raccontato in un'intervista rilasciata al Gazzettino, dopo mesi di silenzio, le religiose hanno denunciato un clima di forti pressioni psicologiche e gesti che, a loro dire, avrebbero portato alla distruzione di una comunità serena e autosufficiente. Tra le questioni più gravi sollevate, anche la sparizione di oltre 200mila euro dai conti del convento, che – sostengono – sarebbero stati intestati alla commissione intervenuta dopo l’allontanamento di due consorelle.
Secondo quanto riferito dalle due religiose, il giorno successivo all’espulsione di suor Aline Pereira e della priora, suor Maria Paola Dal Zotto, i membri della commissione incaricata avrebbero modificato gli intestatari dei conti bancari e postali del monastero, appropriandosi di una somma superiore ai 200mila euro, oltre al denaro contante che suor Aline custodiva nella sua cella.
Via di uscita da una situazione insostenibile
Le due suore hanno spiegato che la loro fuga sarebbe stata l’unica via di uscita da una situazione ormai insostenibile. Dopo una lettera firmata da quattro consorelle – tutte, a loro dire, con evidenti fragilità – il convento sarebbe stato oggetto di otto visite ispettive. Le ispezioni avrebbero creato un clima di continua tensione e limitazioni, compromettendo la serenità necessaria alla vita monastica.
Le religiose hanno descritto la loro partenza come una fuga vera e propria: nella notte avrebbero portato fuori di nascosto i bagagli e, all’alba, si sarebbero recate dai carabinieri per notificare quanto accaduto. Avrebbero lasciato il convento senza nemmeno il denaro necessario per i beni essenziali.
Le decisioni prese dalla commissione sarebbero state vissute dalle suore come un “accanimento”, un’azione che avrebbe spaccato in due una comunità benedettina fino ad allora pacifica e gestita in autonomia.