Caserma degli orrori a Piacenza, il blitz dell'appuntato nel concessionario trevigiano: "Hai presente Gomorra?"
Nelle intercettazioni il blitz nella Marca dell'appuntato con minacce e botte ai dipendenti di un concessionario. L'Audi A4 ceduta a 10mila euro.
Inchiesta shock a Piacenza, caserma dei Carabinieri sotto sequestro. Nelle intercettazioni spunta anche un blitz nella Marca.
L'episodio nella Marca
Arrivano incredibilmente fino a Treviso gli echi dell'inchiesta shock della Procura della Repubblica di Piacenza sulla caserma dei carabinieri "Levante", posta sotto sequestro (prima e unica volta in Italia) al culmine di un'indagine condotta dalla locale Guardia di Finanza che ha coinvolto a vario titolo 23 persone, facendo scattare misure cautelari per dieci militari, 5 dei quali finiti in carcere e uno agli arresti domiciliari, per una sfilza di reati tra cui anche tortura e traffico di droga.
"Si è pisciato addosso dalla paura"
Uno degli episodi "da Gomorra", come li definivano compiaciuti gli stessi protagonisti, contenuto nelle intercettazioni della Procura, riguarda infatti un "favore" che l'appuntato Giuseppe Montella, ritenuto il capo dell'associazione a delinquere che, riparandosi dietro la divisa, commetteva "reati impressionanti", fa al suo complice in affari, Daniele Giardino. I due si presentano proprio a un concessionario di Treviso per l'acquisto di un'auto: l'appuntato ha con sé la pistola, minaccia e picchia i dipendenti. "Uno si è pisciato addosso dalla paura". Alla fine vengono via con un'Audi A4 nuova venduta a 10mila euro. "Hai presente Gomorra? Devi vedere gli schiaffoni che gli ha dato", la frase emblematica.
L'inchiesta shock
L'inchiesta ha consentito di accertare una serie di reati commessi presumibilmente a partire dal 2017. Nelle oltre 300 pagine dell'ordinanza firmata dal Gip si parla anche di "arresti completamente falsati e perquisizioni arbitrarie". Lo stesso Procuratore, Grazia Pradella, ha commentato l'indagine definendo "i reati commessi impressionanti". Non solo. La maggior parte di questi sarebbero stati commessi durante il lockdown "con il più totale disprezzo dei decreti emanati dalla presidenza del consiglio". Vittime dei brutali pestaggi erano, secondo gli inquirenti, soprattutto gli spacciatori che non volevano collaborare ed entrare nella rete clandestina di gestione della droga creata dai militari.