Commercio a Treviso: il 40% dei negozi rischia di non riaprire più
Attività in ginocchio: chiedono tutele nei confronti di locatori e fornitori di energia e altri servizi. Intanto riaprono alcuni negozi.
I commercianti trevigiani premono per essere tutelati nei confronti di locatori e fornitori di servizi.
Dati allarmanti
Il dato è davvero allarmante: a Treviso il 40% delle attività commerciali rischia di non riaprire più se non saranno presti provvedimenti urgenti e concreti. Gli stessi che i commercianti trevigiani chiedono ora a gran voce a Comune e agli enti sovracomunali preposti: primo fra tutti una tutela nei confronti dei locatori che, a fronte degli affitti non pagati in questi mesi di emergenza, potrebbero pretendere lo sfratto dell'attività interessata. Analoga tutela viene chiesta anche nei confronti dei fornitori di energia elettrica che non hanno smesso di inviare fatture di pagamento per il servizio. E non è detto che la riapertura eventuale a metà maggio, con le restrizioni sanitarie ancora in vigore, possa essere la soluzione più congeniale. Per sostenere proprio le attività commerciali intanto è nata anche la costola veneta del "Gruppo responsabili italiani", preoccupato per il futuro delle categorie commerciali.
"Già da tempo con commercianti, Ascom e 'Rivivere Treviso' stiamo dialogando e sono state prese tutte le iniziative possibili mettendo ora a disposizione anche l'avanzo di Bilancio sbloccato proprio nei giorni scorsi come ulteriore iniziativa", ha rassicurato il sindaco di Treviso, Mario Conte.
Riaperte intanto alcune attività
Con ordinanza sindacale intanto il Comune di Treviso ha disposto che la vendita al dettaglio di vestiti per bambini e neonati nonché l’attività di librerie e cartolerie "è ammessa in negozi esclusivamente dedicati in ottemperanza all’ordinanza del Presidente della Regione del Veneto del 13 aprile ed è consentita nelle giornate di martedì e di mercoledì a partire dal 20 aprile e fino al 3 maggio 2020". Per la settimana in corso la scelta delle due giornate di apertura (esclusi sabato e domenica) è a discrezione di ogni singolo operatore commerciale.
L'allarme lanciato dal sindaco Conte
«Dopo più di un mese fra attività chiuse, artigiani con le serrande abbassate e operai in cassa integrazione, da Roma non è arrivato un euro, se non per i buoni alimentari».
Così il sindaco di Treviso Mario Conte, che ha commentato sospensioni, intoppi e rinvii nell’erogazione, fra gli altri, dei bonus per le partite Iva, fra le categorie più colpite dalle conseguenze dell’emergenza Coronavirus.
«E non solo», prosegue il primo cittadino, «Sto ricevendo numerose telefonate, mail e messaggi privati sui social da imprenditori, artigiani e professionisti seriamente preoccupati, direi anche disperati. Il tessuto produttivo di Treviso è in ginocchio e l’Amministrazione, per quanto possa organizzarsi per dare una mano liberando le risorse dell’avanzo di bilancio, può dare le briciole. Qui rischia di chiudere non il 30-35% ma il 45% delle attività. Piccoli e medi imprenditori con filiere produttive bloccate faranno fatica a rialzarsi, con tutte le conseguenze che ciò può comportare per dipendenti e operai». «È passato troppo tempo, qui sta saltando il banco», tuona Conte. «Sono veramente preoccupato per l’intera comunità trevigiana: bilanci aziendali, familiari e casse comunali presentano situazioni critiche. Se le cifre roboanti promesse dal Governo non arrivano nelle tasche della nostra gente esploderà una bomba sociale. Mi sembra che qui si stia solo pensando a prestare soldi e non di immettere liquidità nelle tasche di chi ha bisogno».
Da qui la richiesta del primo cittadino lanciata ancora prima di Pasqua:
«Chiedo al Governo di fare in fretta. Mancano ancora all’appello i soldi della cassa integrazione. Da oggi ogni giorno di chiusura pesa come un macigno. La gente non può più attendere e sopportare rinvii e temporeggiamenti».