Confartigianato: "Il nostro futuro è nel riuscire a fare rete"
Si è svolto il terzo congresso dei Delegati di Confartigianato Imprese Asolo Montebelluna.
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Confartigianato: "Il nostro futuro è nel riuscire a fare rete". Si è svolto ieri, sabato 23 novembre, il terzo Congresso dei Delegati Comunali di Confartigianato Asolo-Montebelluna. Confartigianato Imprese AsoloMontebelluna è nata nel 2010 dalla fusione di Confartigianato Montebelluna e Confartigianato Asolo, sotto la guida dei presidenti di allora, Italo Bosa per Asolo e Stefano Zanatta per Montebelluna, con 2.900 soci, 140 dipendenti, 2 sedi e 7 filiali, 25 Comuni di competenza. Oggi i soci sono circa 2600. "Fu una scelta forte, coraggiosa, originale, in un paese in cui è più frequente assistere a divisioni che a fusioni - ha detto nel corso della sua relazione l'attuale presidente, Fausto Bosa -. Non fu facile farla allora, eravamo comunque “diversi” in alcune modalità organizzative e anche nel modo stesso di vivere il rapporto con l’associazione da parte dei soci. Non è stato facile portarla avanti negli anni successivi che furono, ricordo anche questo, gli anni della peggiore crisi economica mondiale dal Dopoguerra. Dalla crisi siamo usciti tutti un po’ cambiati e tanti non ne sono proprio più usciti, in verità. L’associazione si è un po’ “snellita” come struttura (abbiamo qualche dipendente e una filiale in meno) e come numero di soci, ci posizioniamo ai 2.600 attuali. E’ cresciuta l’età media dei nostri associati, in linea con quella della popolazione italiana, ed è aumentata la quota dei soci non artigiani sul totale delle imprese associate, quota ora superiore al 30%".
Il 2020 per Confartigianato rappresenterà una data importante, in cui si festeggeranno il 65° anniversario dalla fondazione e il 10° dalla fusione. Un'associazione che comprende aziende artigiane che hanno anche una lunga storia alle spalle, come ha sottolineato il vicepresidente Alessandro Zanini: "Mi avvicinai all’Associazione su consiglio di mio padre Natalino - ha detto Zanini - e anche per una tradizione di famiglia visto che mio nonno Francesco, fabbro artigiano pure lui, era iscritto fin dal 1953 all’Unione Provinciale Artigiani. Conservo tutt’oggi alcune sue tessere ed attestati per Anzianità Artigiana, tra cui uno dal titolo “Raduno Nazionale Botteghe Artigiane Centenarie” rilasciata dalla Camera di Commercio di Torino nel 1961 che riporta la data ufficiale di fondazione della mia bottega: 1655, quasi 350 anni di vita ininterrotta, di generazione in generazione, fino al sottoscritto. Qui ho imparato che l’ascolto è anche un’arma segreta perché non è quasi mai praticato, nessuno ascolta davvero l’altro, l’ascolto attivo, è una competenza assai poco coltivata è un vero peccato perché, in contropartita, tutti noi inconsapevolmente regaliamo un fiume di informazioni preziosissime. Per noi artigiani il confronto è un processo molto faticoso, per niente piacevole soprattutto quando il livello della contrapposizione si alza. Tuttavia è in questa fatica che sta la crescita, è questa dialettica che ci permette di restare aperti al nuovo e di ripensare il nostro stesso modo di lavorare, di affrontare i problemi, di organizzare l’azienda, in definitiva di non fossilizzarci nelle nostre idee. E’ molto pericoloso per un imprenditore fossilizzarsi nella propria visione personale".
"Il pluralismo della vita associativa - ha incalzato il presidente Bosa - arricchisce chi la frequenta e la vivifica con la sua partecipazione, è un dare-ricevere, non è un distributore automatico da cui prendere e basta. I nostri genitori - ha aggiunto - hanno fatto un buon lavoro, hanno costruito il nostro benessere attuale a suon di sacrifici e di ciò dobbiamo sempre essere riconoscenti. Se questo fortunatamente è l’oggi, tuttavia, io spesso mi interrogo su come sarà il domani, e, ancora più, su che domani vogliamo costruire, che mondo vogliamo lasciare alla prossima generazione"
Queste affermazioni sono state lo spunto per parlare del futuro dell'artigianato: "Una delle conseguenze più evidenti è che le nostre aziende soffrono per mancanza di ricambio generazionale - ha sottolineato il vicepresidente Zanini -, abbiamo titolari sempre più anziani e maestranze prossime alla pensione che non hanno più nessuno a cui passare il testimone. Quasi ogni settimana l’ufficio sindacale mi segnala soci che stanno per chiudere e non trovano nessuno interessato ad imparare un sapere accumulato in 40-50 anni di esperienza. Falegnami, ebanisti, posatori, muratori, marmisti, fabbri, sarti, meccanici, orafi, pasticceri, vetrai, nessun settore è escluso, nessun mestiere artigiano è in salvo e può dirsi esente dal pericolo di estinzione. Ebbene sì, noi artigiani siamo in via di estinzione, siamo come i Panda del Wwf". Io credo che se i giovani non vengono più a “suonare il campanello delle nostre aziende” dipenda dal fatto che noi non abbiamo saputo raccontare loro una storia in grado di affascinarli. Le attuali difficoltà sono niente di più e niente di meno che il frutto di quanto la mia generazione ha seminato in questi ultimi decenni e cioè il nulla. Sempre presi a lavorare, sempre pressati dalle urgenze, tutte cose vere, per carità, ma non abbiamo investito, non abbiamo seminato e quindi ora non raccogliamo, è semplice. I giovani sono facilmente impressionabili, hanno bisogno di modelli positivi, di leader e, perché no, anche un artigiano che ama profondamente il suo lavoro può essere un modello ispiratore per un giovane".
Il presidente Bosa ha poi fatto un'analisi di come, in ogni caso, il mondo dell'artigianato in Italia sia ancora fondamentale, pur in presenza di una società e un'economia che cambia velocemente: "Gli stranieri si stupiscono del fatto che, a dispetto della loro specializzazione produttiva, dei macchinari connessi con industria 4.0 e dei centri di lavoro a controllo numerico, le imprese siano quasi sempre a conduzione famigliare, ancora inserite nei paesi, spesso con la formula “casa e bottega”. Si stupiscono che non ci siano enti di ricerca né università che le supportano, che la burocrazia e la fiscalità siano così opprimenti, che il sistema del credito bancario li sprema impunemente invece di sostenerne gli sforzi, che invece di beneficiare di una “corsia preferenziale”, l’imprenditore qua da noi debba superare mille ostacoli per riuscire ad aprire, ad investire, a svilupparsi, percepito più come un fastidio che come una ricchezza. Si stupiscono che ciononostante i nostri imprenditori restino qua e non decidano in massa di emigrare oltre confine dove le facilitazioni per chi fa impresa sono pronte e disponibili. L’impresa artigiana - ha aggiunto - non ha gran parte dei requisiti di base necessari per stare sul mercato e addirittura per esportare nel mondo ma lo fa lo stesso, e spesso con ottimi risultati. Se davvero viviamo in una società liquida che vede la dissoluzione dei legami sociali tradizionali, forse il vero progetto associativo può essere quello di riscoprire questi legami, valorizzare queste relazioni, fare in modo che l’associazione diventi il luogo in cui le relazioni umane si moltiplicano e diventano fruttuose. Un luogo in cui i soci non sono un “pubblico” ma attori protagonisti di ogni singolo evento, in cui il socio viene facilitato ad entrare in relazione con l’altro, un altro che all’inizio era uno sconosciuto, spesso un concorrente ma che al momento del commiato è un nome preciso abbinato ad una faccia, è una persona di cui so qualcosa in più e che, a sua volta, mi ha conosciuto e identificato".
"Un luogo fertile in cui coltivare le relazioni tra gli imprenditori", secondo i relatori, è il progetto che sta alla base del nuovo corso dell'associazione.
Valentii, direttore del Censis nel suo intervento al Convegno provinciale di Confartigianato di domenica scorsa, ha richiamato l’attenzione sul venire meno della “cultura del rischio” ritenuta la precondizione, l’ingrediente essenziale che negli ultimi 50 anni ha animato le scelte quotidiane di milioni di piccoli imprenditori e artigiani, protesi verso un costante miglioramento delle loro condizioni di vita, il motore di quell’ascensore sociale che ha consentito alla classe media di giungere al benessere economico: "Anch’io, nella mia personale vicenda imprenditoriale, ho assecondato la propensione al rischio - ha concluso il presidente Bosa -: sono cresciuto in una famiglia che opera nel campo dell’edilizia, io e i miei fratelli rappresentiamo la quarta generazione….dopo la laurea in economia aziendale mi sono dedicato all’attività di famiglia ma in concomitanza con la grave crisi del 2010 che ha falcidiato il settore, ho iniziato a sentire il peso di questa mia scelta di vita, vivendola quasi come una crisi personale… ero combattuto tra spinte contrapposte: da un lato il rimorso di abbandonare la strada tracciata dai miei avi, quasi fosse un tradimento e dall’altra cercare un’alternativa, una strada mia. Ho scrutato l’orizzonte, ho fiutato il vento come faccio quando mi lancio con il parapendio e alla fine mi sono buttato in un settore del tutto nuovo e sconosciuto, quello dei servizi alla persona nella mobilità come NCC - noleggio con conducente, settore che ho ritenuto potesse avere degli spazi di sviluppo in questo nostro territorio e che attualmente, dopo 5 anni, mi sta dando delle soddisfazioni, mi sta appagando, mi fa vivere con piacere il mio lavoro anche se a volte i ritmi possono essere sostenuti".