Confessa il 17enne di Paderno: “Sono stato io a uccidere Bledar”
"Sono stato io" le parole del 17enne immortalato sul luogo dell'omicidio di Bledar Dedjar dalle telecamere di videosorveglianza. Ieri l'interrogatorio per fare luce sul movente
“L’ho ucciso io”, è giunta la confessione del 17enne cittadino italiano di Paderno, Treviso, accusato dell’omicidio di Bledar Dedjar, ritrovato senza vita nel boschetto di Pieve del Grappa ucciso da oltre 20 coltellate. Nella giornata di ieri, lunedì 26 febbraio 2024, si è tenuto l’interrogatorio di garanzia che ha permesso di chiarire quanto accaduto il 20 gennaio scorso. Tra le ipotesi degli inquirenti sul movente del ragazzo, il fatto che questi avrebbe voluto interrompere una relazione sessuale a pagamento con Bledar, ma il suo rifiuto avrebbe portato il 39ennea a ricattarlo.
Ombre sul movente
Tuttavia, resta ancora sconosciuto il movete del gesto, ma l’assiduo lavoro degli investigatori mettendo al vaglio chat, profili social, tabulati telefonici, ogni aspetto che potesse condurre a svelare una probabile seconda vita del giardiniere albanese, ha permesso di arrivare al 17enne dopo lunghe settimane di indagini.
Tra gli elementi a disposizione delle autorità anche la prova inconfutabile che il giovane si trovasse sulla scena del delitto il giorno dell’omicidio perché ripreso dalle telecamere di videosorveglianza, che lo avevano immortalato in diverse occasioni.
Il ragazzo compare una prima volta mentre saliva Mercedes Classe B di Bledar Dedjar in piazza a Paderno per poi dirigersi insieme verso il boschetto di via dei Carpini. Successivamente, il 17enne compare una seconda volta intento a chiedere un passaggio sulla strada provinciale, da qui un passante lo avrebbe accompagnato alla fermata dell’autobus.
Un ulteriore indizio sul suo coinvolgimento è documentato nelle ore successive presso il pronto soccorso per farsi medicare una ferita da taglio alla mano, provocatosi probabilmente durante lo scontro con il 39enne albanese.
L'oscura vita di Bledar
Eppure, dietro all’agguato mortale si nasconderebbe una doppia vita per Bledar Dedjar fatta di prostituzione minorile e sesso a pagamento che si consumava da almeno un anno. Gli inquirenti sarebbero risaliti al giovane 17enne, difeso dall’avvocato Elisa Berton, per via di alcune impronte digitali lasciate sul corpo, sull’auto e su alcuni oggetti personali della vittima, come il portafoglio, ma senza rubare nulla.
A inchiodare in via definitiva il ragazzo sarebbero state le tracce di sangue ritrovate sul luogo del delitto derivanti da una ferita alla mano, la stessa medicata poi al pronto soccorso. Inoltre, a completare il quadro ci sarebbe l’analisi di un secondo cellulare appartenente al 39enne con cui era solito organizzare gli incontri a sfondo sessuale con donne e minori.
Nonostante fosse sposato e con due figli piccoli, Bledar era invischiato in un grave giro di prostituzione minorile e a riprova di ciò gli inquirenti hanno trovato nel cellulare la prova dei contatti con il sospettato reo confesso. Infatti, i due si sarebbero dati appuntamento quel fatidico giorno e il ragazzo ha deciso di porre fine alla vita del 39enne sferrandogli più di 20 coltellate, di cui una perforandogli un polmone, con una lama di almeno 20 centimetri non pervenuta assieme alle chiavi della macchina, mai ritrovate.
Il primo incontro
I due si sarebbero incontrati un anno prima quando il 17enne stava svolgendo attività di alternanza scuola-lavoro presso il locale in cui lavorava Bledar. Questi lo avrebbe agganciato convincendolo a iniziare una relazione sessuale con lui in cambio di soldi.
Tra le ipotesi degli inquirenti sul movente del ragazzo il fatto che questi avrebbe voluto interrompere il rapporto con il 39enne, molto conosciuto fra i giovani della zona, ma il suo rifiuto avrebbe condotto a un ricatto. Così, il giovane si sarebbe presentato come d’accordi all’appuntamento, tenendo nascosto sotto ai vestiti un coltello; in un primo momento si sarebbe reso disponibile – da qui la biancheria calata sul corpo di Bledar – per poi cominciare a colpirlo.
In fase di autopsia sono state ritrovate ferite che hanno raggiunto il torace e le gambe, altre superficiali sulle mani, segno che il 39enne abbia cercato di difendersi.