Ecco come vivevano i braccianti indiani vittime di caporalato nelle campagne di Oderzo e Ponte di Piave
La denuncia di Flai Cgil Veneto: "La scoperta del caso ci ha permesso di fare luce su un sistema illegale di compravendita di nullaosta, richiesti da pseudo-datori di lavoro di Caserta e Napoli"
Mentre nella Penisola tiene banco il caso di Satnam Singh, bracciante indiano 31enne abbandonato e poi morto dopo aver riportato l’amputazione di un braccio nei campi a Latina, anche nella provincia di Treviso è stato recentemente portato alla luce un caso di caporalato, sfruttamento lavorativo e riduzione di condizioni di para-schiavitù.
E sempre indiani sono i lavoratori sfruttati nella Marca.
A spiegarne tutti i dettagli, nel corso della mattinata di giovedì 4 luglio 2024, è stata la Flai Cgil Veneto che, attraverso una conferenza stampa tenuta nella sede di Mestre, ha denunciato e mostrato pubblicamente il degrado in cui tutta una serie di braccianti è stato sottoposto per diversi mesi nelle campagne di Ponte di Piave e Oderzo.
Ma c'è di più: la scoperta del caso di caporalato nel Trevigiano ha infatti consentito di andare più a fondo, portando luce e attenzione su un sistema illegale di compravendita di nullaosta, richiesti da pseudo-datori di lavoro di Caserta e Napoli.
Caporalato nelle campagne di Oderzo e Ponte di Piave
Come reso noto qualche giorno fa, la Flai Cgil Veneto ha scoperto un caso di caporalato e sfruttamento del lavoro in provincia di Treviso.
"Tredici braccianti di origini indiane - si legge nella nota stampa - sono caduti nella rete dello sfruttamento lavorando e vivendo in condizioni indecenti e disumane".
Una circostanza che si inserisce all'interno di un quadro più ampio: 50 clandestini, infatti, hanno vissuto per mesi in un casolare della Marca in condizioni para-schiaviste sotto la minaccia di caporali senza scrupoli che li costringevano a lavorare fino a 14 ore al giorno, per una paga lorda di 5 euro.
Nel corso della conferenza stampa odierna, avvenuta nella sede della Cgil Veneto, sono state mostrate alcune immagini che testimoniano le degradanti condizioni di vita a cui sono stati relegati i braccianti indiani.
E' stato proprio grazie al sostegno del sindacato che alcuni di questi lavoratori delle campagne trevigiane hanno avuto il coraggio e la forza di denunciare la loro situazione di sfruttamento.
Scoperto sistema illegale di compravendita di nullaosta
Ma il caso di caporalato scoperto nel Trevigiano, come ha spiegato la Flai Cgil, rappresenta la punta dell'iceberg di un sistema illegale di compravendita di nullaosta, richiesti da pseudo-datori di lavoro di Caserta e Napoli. Con queste parole si è espresso Giosuè Mattei, segretario generale Flai Cgil Veneto:
"Oggi, oltre all'attività di denuncia all'opinione pubblica e alla Magistratura, vogliamo far emergere quello che è il sistema articolato e transnazionale che si cela dietro al settore agricolo nella nostra Regione, ma più in generale in Italia.
Abbiamo documentato la compravendita di nulla osta per braccianti e lavoratori agricoli nel nostro territorio, siamo venuti a conoscenza anche di compravendita di permessi di soggiorno e oltre a questo abbiamo visto e toccato con mano quella che era la situazione di degrado, di disagio, di sfruttamento e di schiavitù a cui questi lavoratori, nel territorio di Ponte di Piave e di Oderzo, hanno vissuto per parecchi mesi tra il 2023 e il 2024".
Ma c'è anche di più, questo sistema di nullaosta, visto e ingresso in Italia promessi in cambio di 12mila euro veniva persino pubblicizzato sui social.
"Ci sono le Questure e le Prefetture che dovrebbero controllare la veridicità e la consistenza delle aziende che fanno richiesta di questi nullaosta - ha aggiunto Giosuè Mattei alla Tgr Veneto - ma di fatto da un controllo fatto anche attraverso le banche dati, queste aziende spessissimo non hanno alcuna consistenza, ma solo un codice fiscale depositato senza un indirizzo, senza un numero di telefono, senza un indirizzo Pec".
L'utilizzatore finale di questi braccianti sono poi le imprese agricole venete, le quali, denuncia la Cgil, non possono non sapere chi lavora nei propri campi.
"Siamo in presenza di affitto di manodopera - ha concluso Mattei - che è illegale per quanto riguarda la giurisdizione italiana. Si fa finta di non sapere, si volge lo sguardo da un'altra parte".
"Abolire la legge Bossi-Fini"
"Chiediamo l'abolizione della legge Bossi-Fini, perché attraverso il combinato disposto da questa legge con il Decreto Flussi, viene alimentato lo sfruttamento lavorativo, il caporalato e tutte le condizioni elementari di qualsiasi diritto per questi lavoratori e lavoratrici nel nostro territorio e in Italia".
Il connubio tra la Bossi-Fini e il Decreto Flussi, come affermato dalla Flai Cgil, fa sì che da un lato non si permette di avere un lavoro regolare senza permesso di soggiorno, dall'altro lato, invece, non si può avere un permesso di soggiorno senza lavoro regolare. Questo quindi crea un cortocircuito, con i lavoratori che cadono nella rete dell'illegalità e dello sfruttamento lavorativo.