Carabinieri

Faida cinese per la sartoria di Montebelluna, brucia il negozio del rivale e minaccia di morte la moglie

Il rogo risale allo scorso 30 gennaio. Accertata la natura dolosa, le indagini hanno fatto scattare le manette nei confronti di un soggetto di origini cinesi.

Faida cinese per la sartoria di Montebelluna, brucia il negozio del rivale e minaccia di morte la moglie
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Eseguita dai Carabinieri un’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di un soggetto di origini cinesi (foto copertina d'archivio).

Faida cinese per la sartoria di Montebelluna, brucia il negozio del rivale e minaccia di morte la moglie

I Carabinieri della Compagnia di Montebelluna, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Treviso, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di un soggetto di origini cinesi ritenuto gravemente indiziato di aver cagionato l’incendio di un negozio di proprietà di un connazionale e di avere pesantemente intimidito la coniuge di quest’ultimo, minacciandola di morte se non avesse ritirato le dichiarazioni rese ai Carabinieri in merito alla vicenda in parola.

Il gravissimo episodio era avvenuto nella tarda serata del 30 gennaio scorso all’interno di una sartoria di Montebelluna. I Vigili del Fuoco intervenuti in loco con i militari dell’Arma montebellunesi, accertavano la natura dolosa dell’incendio, vista la velocità di propagazione dello stesso, evidenziando diversi punti di innesco che avevano dato luogo a focolai e ipotizzando che, viste le caratteristiche del materiale combustibile coinvolto (tessuti appunto), erano state utilizzate nella circostanza delle sostanze acceleranti.

Peraltro veniva accertata anche la gravissima pericolosità dell’occorso, avvenuto in un immobile residenziale di tre piani con dieci appartamenti, che aveva costretto all’evacuazione dei residenti e rischiato di far esplodere una caldaia che si trovava ivi ubicata.

Dagli elementi raccolti durante le indagini sin qui compiute è emerso come vi fossero rapporti molto tesi tra l’odierno indagato, sino a tre anni prima proprietario dell’attività commerciale, e l’attuale titolare, al quale aveva più volte chiesto di riacquistare la licenza dell’esercizio, ottenendone sempre il rifiuto. Le riprese dei sistemi di videosorveglianza della zona e le testimonianze raccolte dai militari dell’Arma hanno consentito di raccogliere gravi indizi a carico dell’indagato che, all’esito delle formalità di rito, è stato associato presso la Casa Circondariale di Treviso, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria mandante.

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