Lavoravano nei campi in condizioni disumane, la FLAI conquista i permessi di soggiorno per 13 braccianti
Un'importante fase di recupero della dignità per questi braccianti. Il Segretario Mattei: "Continueremo la nostra battaglia per l'eliminazione della Legge Bossi-Fini"
Un'importante vittoria contro il caporalato e lo sfruttamento del lavoro nelle campagne: oggi, sabato 22 novembre 2024, 13 braccianti stranieri, precedentemente costretti a vivere e lavorare in condizioni di schiavitù, hanno ottenuto il permesso di soggiorno, grazie alle denunce fatte dalla FLAI CGIL del Veneto. La denuncia, che risale allo scorso luglio, ha documentato con un video le terribili condizioni in cui vivevano i lavoratori, rinchiusi in un casolare a Ponte di Piave, senza luce, acqua e gas, e costretti a lavorare fino a 14 ore al giorno senza alcuna retribuzione (in copertina: il Segretario Generale FLAI CGIL Giosuè Mattei, insieme ai braccianti).
Condizioni disumane
La storia di questi 13 braccianti ha inizio a luglio, quando alcuni di loro avevano trovato il coraggio di denunciare il sistema di sfruttamento in cui erano intrappolati. Lavoratori, in gran parte immigrati clandestini, la loro giornata iniziava all’alba e finiva con un lavoro massacrante che poteva durare fino a 14 ore, per una paga mai ricevuta.
Vivevano in un casolare isolato a Ponte di Piave, dove fino a 50 persone erano costrette a convivere in spazi angusti, privi delle minime condizioni igienico-sanitarie. Il freddo e la miseria erano all'ordine del giorno: la casa non aveva né acqua, né gas, né luce. Per l'igiene personale, i lavoratori si arrangiavano con un filo di acqua fredda che, a turno, arrivava nella cucina.
Le malattie come la bronchite erano frequenti, ma chi non riusciva a lavorare veniva immediatamente cacciato e lasciato fuori al freddo. Le finestre dell'edificio erano sbarrate con inferriate, impedendo a chi vi abitava di scappare.
Un debito da estinguere
La storia di questi lavoratori non è solo una storia di sfruttamento, ma anche di truffa. Il caporale, infatti, prometteva loro un permesso di soggiorno facile, chiedendo però un pagamento di 5.000 euro per ciascuno. Un debito che, secondo il caporale, doveva essere estinto tramite il lavoro nei campi.
Ma non solo: le condizioni lavorative erano così estreme che, pur lavorando per 6 euro all'ora, i braccianti non sono mai riusciti a estinguere il loro debito, che restava accumulato senza che ricevesse alcun pagamento.
Fortuntamente, la situazione è stata portata alla luce grazie all’intervento della FLAI CGIL del Veneto, che ha documentato tutto con un video inviato alla Procura della Repubblica di Treviso. Le immagini mostravano la dura realtà di quei lavoratori: una vita di privazioni, abusi e inganni. Grazie alla denuncia, le autorità hanno avviato le indagini e, successivamente, sono intervenuti per liberare i braccianti da quella che era ormai una condizione di schiavitù moderna.
Parla il Segretario FLAI CGIL
Entusiasta del traguardo raggiungo, Giosuè Mattei, Segretario generale della FLAI CGIL Veneto, ha espresso la propria felicità in un post su Facebook, ringraziando i legali, gli attivisti e il comitato nazionale della FLAI CGIL, per l'impresa riuscita:
"Oggi ha vinto la giustizia, ha vinto la FLAI CGIL, hanno vinto loro, i ragazzi a cui è stata restituita la dignità e un futuro migliore.
Non ho tante altre cose da aggiungere. Solo immensa felicità e gioia. Il mio ringraziamento va agli avvocati Marco Paggi e Rosalinda Dieghi, a tutto il network di Navigare e in particolare Giuseppina Di Bari. Infine grazie alla Flai-Cgil Nazionale e al Segretario Generale Giovanni Mininni per tutto il supporto e l’aiuto ricevuto. Evviva!"
Il Segretario, inoltre, ha sottolineato come questa conquista segni un'importante fase di recupero della dignità per questi braccianti, che ora possono finalmente lavorare regolarmente nel nostro Paese e vivere in una condizione di alloggio dignitosa.
"Oggi, dopo una lunga fase nel limbo - spiega Mattei - 13 dei 16 lavoratori che hanno avuto il coraggio di denunciare i propri aguzzini si sono visti riconoscere il diritto a soggiornare regolarmente nel nostro Paese, grazie alle denunce fatte dalla FLAI CGIL e alla presa in carico del Network del progetto Navigare. Il riconoscimento del Permesso di Soggiorno consentirà loro di entrare finalmente nel mercato del lavoro regolare e di uscire dal cono d’ombra che li ha resi invisibili nelle nostre campagne e all’opinione pubblica".
"Quella condizione di sfruttamento è un ricordo ancora vivido nella memoria di questi ragazzi, ma rappresenta il passato perché oggi vivono in una situazione alloggiativa dignitosa e protetta. Tutto questo è stato possibile grazie all’applicazione della Legge 199/2016, legge che ha potuto vedere la luce grazie alla spinta propulsiva della FLAI CGIL dopo i tragici fatti della morte di Paola Clemente, avvenuta per la fatica del lavoro nelle campagne pugliesi nel luglio del 2015".
La battaglia continua
Mattei ha anche ricordato che, nonostante il successo di questa denuncia, in Veneto sono ancora migliaia i lavoratori sottoposti a condizioni di sfruttamento simili, e ha ribadito la necessità di una regolarizzazione diffusa e della cancellazione della Legge Bossi-Fini per fermare il fenomeno del caporalato.
"Voglio ricordare che in Veneto si stima che lo sfruttamento lavorativo in condizioni servili e il caporalato in agricoltura assoggetti 5.500 lavoratori – continua Mattei – numeri destinati ad aumentare a causa delle politiche securitarie di questo Governo sul tema immigrazione, e a causa del nefasto combinato disposto della cosiddetta legge Bossi-Fini che rende la vita delle persone legata ad un atto amministrativo privo di ogni logica, e al decreto flussi e che condanna questi lavoratori all’illegalità e allo sfruttamento".
"Le recenti modifiche al decreto flussi sono una 'foglia di fico' e non risolvono nessuno dei problemi che stiamo affrontando come Organizzazione Sindacale: meno del 20% delle richieste di manodopera e i successivi nulla osta per lavoro stagionale si traducono in un rapporto di lavoro effettivo. Abbiamo migliaia di lavoratori entrati nel nostro Paese regolarmente con un visto e un nulla osta che sono diventati irregolari a causa di queste leggi".
"Per questo chiediamo una regolarizzazione diffusa tramite una sanatoria con il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione che permetterebbe di fare uscire dallo sfruttamento queste persone e consentirebbe alle imprese di assumerli regolarmente, considerato il fabbisogno di manodopera che denunciano le associazioni di impresa. Infine, continuiamo la nostra battaglia per la cancellazione della Legge Bossi-Fini cambiando il paradigma di approccio al tema delle migrazioni uscendo dall’approccio ideologico ai fini elettorali e securitario della destra in questo Paese per incamminarci verso un modello sociale di accoglienza, integrazione e solidarietà".