Loris Dall'Acqua: "Abbandoniamo il nome Prosecco"

L'enologo e contitolare di Col Vetoraz prende posizione netta sull'argomento: "Chiamateci soltanto Valdobbiadene Conegliano Docg".

Loris Dall'Acqua: "Abbandoniamo il nome Prosecco"
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"Abbandoniamo il nome Prosecco". "I consumatori di prodotti agricoli vogliono sicurezze, se percepiscono confusione di allontanano", a parlare è il Gran Maestro della Confraternita di Valdobbiadene, nonché contitolare della prestigiosa Cantina Col Vetoraz di Santo Stefano di Valdobbiadene, l’enologo Loris Dall’Acqua. Il tema "Colline del Valdobbiadene e Conegliano patrimonio Unesco" è sulla bocca di tutti nella zona storica del prosecco; «pardon» del Valdobbiadene Docg. Eh sì, perché proprio il nome Prosecco (da tempo a dirla tutta) sta diventando sempre più ingombrante, per non dire fastidioso, tra coloro che coltivano o producono le «eroiche» colline valdobbiadenesi.

"Abbandoniamo il nome Prosecco"

"Dopo gli errori commessi nel recente passato - sottolinea Dall’Acqua - è necessario oggi abbandonare il nome Prosecco, proprio per non ingenerare confusione tra i consumatori. Anche al nostro interno ci sono molte cose da rivedere - aggiunge secco l’enologo -. Nel cda del Consorzio di Tutela devono sedere persone che minimo producano il 51% di Docg, oggi troviamo produttori che ne fanno il 10-15%".
Basti pensare semplicemente alla differenza dei costi di produzione: si va dalle 40 ore lavorative a ettaro nei vigneti di pianura supermeccanizzati del Padovano, alle 900 ore di alcune aree delle impervie colline del Cartizze e del Valdobbiadenese.

Alla ricerca del "Terroir"

Via il nome Prosecco avanti il Valdobbiadene Docg. Una rivoluzione che richiederà tempo ma che alla lunga potrà dare grosse soddisfazioni, sulla scia del «Terroir» di ispirazione francese nell’area dello Champagne.
"E’ un po’ alla base delle intenzioni del Progetto Rive, del Consorzio, ma mi pare troppo prematuro - sottolinea Loris Dall’Acqua -. Ora non bisogna disperdere energie in questo momento, prima di tutto occorre distinguere il Valdobbiadene Docg, poi penseremo al Grand Cru. E’ bene avere fondamenta solide prima di costruire un tetto".

Le Colline Unesco

Le Colline Unesco possono diventare un volano: "E’ un processo che va gestito bene - avverte il Gran Maestro della Confraternita Valdobbiadene -. Le persone possono valorizzare o rovinare il giocattolo. Se si cominciano a vedere immagini di vigneti a San Donà di Piave nelle comunicazioni ufficiali le confusioni di cui si parlava prima vengono alimentate. E’ il territorio, con la sua bellezza (e solo nella fascia Pedemontana), a essere patrimonio dell’Umanità, non il prodotto. Non penso che si riuscirà ad avere lo stesso ritorno avuto nelle Langhe con il riconoscimento Unesco, dove in due anni i flussi turistici sono aumentati da 250mila a un milione e 200mila, non avendo prodotti come Barolo, Barbaresco, tartufo bianco e nocciole. Se dovesse accadere qualcosa di simile non saremmo neppure in grado di gestire un successo del genere. Speriamo che le assicurazioni di Zaia su permessi e deroghe speciali si traducano in realtà, visto che giustamente ha sottolineato che non saranno consentite mega strutture alberghiere. Ci sono tanti casolari abbandonati che potrebbero essere trasformati, ma attualmente non avrebbero le condizioni di legge per essere utilizzati".

"Quali saranno i vincoli?"

Valter Agostinetto, della cantina Rivalivei, a Saccol, uno tra le centinaia di produttori del Valdobbiadene Docg, nutre perplessità: "Occorrerà vedere quali saranno i vincoli che ci saranno imposti, anche se credo che dalle Colline Unesco potrà nascere un’ulteriore valorizzazione del nostro territorio, prima di tutto in termini di tutela".

 

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