"Non fu omicidio-suicidio", svolta sul giallo di Cornuda a 7 anni dalla morte di Sofia e Pascal
I familiari di Albanese si oppongono alla richiesta di archiviazione avanzata dalla magistratura

A sette anni dai tragici eventi, i familiari di Daniel Pascal Albanese, il 50enne trovato impiccato nel garage della sua villetta a Cornuda, contestano la tesi dell'omicidio-suicidio sostenuta dalla Procura di Treviso. Secondo loro, l’assassino sarebbe invece tra gli uomini che frequentavano Sofiya Melnyk, la compagna di Albanese, ritrovata cadavere in una scarpata.
Il giallo di Cornuda
Secondo le indagini ufficiali, il 26 novembre 2017 Albanese si sarebbe tolto la vita dopo aver ucciso, undici giorni prima, la compagna Sofiya Melnyk, una 43enne di origine ucraina.
La 43enne fu brutalmente picchiata e il suo corpo venne gettato in un burrone a Romano d’Ezzelino. Fu un cacciatore a ritrovarlo il 24 dicembre, oltre un mese dopo la scomparsa.
I familiari: "Non fu omicidio-suicidio"
I familiari di Albanese si oppongono alla richiesta di archiviazione avanzata dalla magistratura, sostenendo che Pascal non aveva motivo di uccidere Sofiya. La donna aveva rapporti con circa trenta uomini nell’ambito della sua attività di prostituzione, ma lui ne era consapevole e non era geloso. Per questo motivo, i parenti ritengono che l'assassino vada cercato tra i suoi clienti o frequentatori.
A supporto della loro richiesta, la famiglia cita una conversazione risalente a novembre 2017, emersa durante l'analisi dei dispositivi elettronici, in cui Albanese si mostrava preoccupato per un incontro che Sofiya doveva avere con un uomo. Inoltre, hanno presentato una consulenza tecnica di parte che evidenzia lacune negli accertamenti investigativi. Secondo questa analisi, non ci sarebbero prove certe nemmeno sul fatto che Pascal si sia realmente suicidato.
Ora i familiari chiedono che il caso venga riaperto per fare piena luce sulla vicenda.