La procura di Treviso sta lavorando per trovare elementi a cui aggrapparsi per un ricorso in appello dopo la sentenza di primo grado che ha assolto Franco Battaggia per l’omicidio di Anica Panfile.
L’assoluzione di Franco Battaggia
Franco Battaggia, 81enne di Spresiano, è stato fin da subito al centro delle indagini per trovare il colpevole dell’omicidio di Anica Panfile, avvenuto giovedì 18 maggio 2023.
Nello specifico, non ci sono mai state prove schiaccianti contro il Re del Pesce, ma essendo stato l’ultima persona nota ad aver visto la vittima, successivamente ritrovata con gli stessi vestiti, è stato immediatamente il principale sospettato.
Di fatto, per l’accusa il movente sarebbe stato una lite scoppiata dopo un incontro a base di sesso e cocaina. Tuttavia, la difesa è riuscita a smontare tutte le accuse.
Infatti, grazie ai tabulati telefonici, sarebbero riusciti a confermare che Franco Battaggia si trovava al casello di Treviso Nord, mentre il cellulare di Anica era attivo in via Tagliamento ad Arcade.
I dubbi sull’omicidio di Anica Panfile
Attualmente, la Procura sta analizzando la sentenza per trovare qualche elemento per incastrare Franco Battaggia. Nonostante ciò, ci potrebbero essere degli indizi che non sono mai stati considerati come tali, come la pista che vedeva l’ex marito di Anica nei panni del killer.
In particolare, l’allora procuratore, Marco Martani, aveva dichiarato che non c’erano altri possibili sospettati, ma la difesa è riuscita a dimostrare il contrario.
Di fatto, sembra che le lesioni sul corpo della vittima non possano essere state inflitte da una sola persona, soprattutto se si pensa che, subito dopo, sarebbe stato un 81enne a trasportare il cadavere fino al Piave.
Infatti, l’avvocato della difesa, Fabio Crea, durante il processo avrebbe fornito un video dimostrativo di un culturista che provava a caricare un corpo, dalle dimensioni simili a quelle di Anica, avvolto in un tappeto, ma fallendo. Inoltre, l’accusa si era focalizzata su una traccia genetica lasciata dalla 31enne a casa del Re del Pesce, la quale però, per la Corte, sarebbe insufficiente visto che non si tratta di una traccia ematica e che Anica faceva le pulizie a casa di Battaggia, oltre ad avere rapporti sessuali con lui.
L’avvocato Crea aveva presentato anche dei dubbi sull’innocenza dell’ex marito e dell’albanese Oshafi. Di fatto, entrambi erano stati denunciati da Anica prima della sua morte, ma questa pista non è mai stata approfondita.
In particolare, sembra che la 31enne fosse stata minacciata più volte da un gruppo di albanesi con cui aveva debiti, ma la procura non lo ha considerato importante. Nello specifico, durante le indagini avrebbero controllato solo che i loro telefoni non fossero nelle vicinanze della vittima al momento della scomparsa.