La sentenza

Omicidio di Anica Panfile: assolto Franco Battaggia, l'ex datore di lavoro

Il tribunale di Treviso lo ha dichiarato innocente: "Non ha commesso il fatto". Il delitto resta senza colpevole

Omicidio di Anica Panfile: assolto Franco Battaggia, l'ex datore di lavoro
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È durata due ore la camera di consiglio al termine di un processo che ha sollevato più dubbi che certezze. Alla fine, la voce del presidente della Corte ha sciolto il verdetto: Franco Battaggia è innocente. Assolto con formula piena "per non aver commesso il fatto".

Omicidio di Anica Panfile: assolto Franco Battaggia, l'ex datore di lavoro

L’81enne imprenditore ittico, conosciuto in città come il "re del pesce", era finito in carcere con l’accusa più grave: aver ucciso Anica Panfile, la sua ex dipendente, trovata morta sulle rive del Piave il 21 maggio 2023. Per la Procura, l’uomo era responsabile dell’omicidio. Ma i giudici non hanno condiviso la tesi accusatoria.

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Anica Panfile

"Adesso vado a casa", ha detto commosso Battaggia, dopo mesi passati da imputato, in carcere prima e poi ai domiciliari, travolto da un’accusa che, ora è ufficiale, non ha mai trovato riscontri certi.

Il delitto

Anica Panfile, 31 anni, cuoca di origine romena e madre di quattro figli, era scomparsa il 18 maggio. Tre giorni dopo il suo cadavere è stato rinvenuto su un isolotto del Piave, a Spresiano, parzialmente coperto dalla vegetazione. Le circostanze del ritrovamento lasciarono da subito presagire un omicidio.

L’attenzione degli inquirenti si concentrò su Battaggia, suo ex datore di lavoro. I carabinieri del Nucleo Investigativo di Treviso hanno ricostruito i suoi spostamenti, sostenendo che avesse avuto il tempo e il modo per compiere il delitto.

L’assoluzione e le prove “deboli”

Ma in aula, le certezze dell’accusa hanno vacillato. La difesa, guidata dall’avvocato Fabio Crea, ha evidenziato incongruenze importanti: il telefono di Anica risultava ancora attivo tra le 16:42 e le 17:19 del giorno della scomparsa: navigava in rete, inviava messaggi su WhatsApp, segno che era ancora in uso.

Secondo la difesa, inoltre, Battaggia, in quelle stesse ore, veniva ripreso da telecamere di sorveglianza al casello di Treviso Nord e il suo cellulare agganciava le celle telefoniche compatibili con un tragitto in auto verso Mogliano, dove stava andando a trovare il fratello.

Durante la penultima udienza, l’avvocato di Battaggia, Fabio Crea, aveva cercato di smontare punto per punto la ricostruzione dell’accusa, avanzando l’ipotesi di una “missione punitiva” ai danni della vittima, forse orchestrata da un gruppo di albanesi a lei vicini, ma ora anche questa pista sembra essere stata messa da parte.

Troppe le incertezze. Nessuna prova schiacciante. Nessun DNA. Nessuna arma. Nessun testimone. E così, la Corte ha deciso: Battaggia non ha ucciso Anica.