Settimana di scioperi alla Berco Thyssenkrupp per protestare contro la chiusura
La denuncia dei sindacati: "L’azienda sta andando pericolosamente verso uno spegnimento e uno svuotamento di tutta la capacità produttiva del sito"

Suonano come una presa in giro i propositi affidati al suo sito web, dalla Ditta Berco:"Il benessere dei dipendenti è il cuore di un’organizzazione sostenibile. Tutti traggono vantaggio nel porre i dipendenti al primo posto, promuovendo attivamente la loro salute e sicurezza e dando loro l'opportunità di formarsi e crescere. Berco si impegna a mantenere i più alti standard etici e di garantire pari opportunità e fiducia e rispetto reciproci".
L'azienda vanta oltre 100 anni di esperienza nell'allestimento di sistemi "sottocarro" ovvero l'insieme dei meccanismi che “muovono” le macchine pesanti, dei quali è massimo produttore mondiale.
Berco è stata fondata in Italia come bottega di riparazioni, da Vezio Bertoni chè l'ha trasformata prima in un’officina e poi in una fabbrica. La Ditta Berco è cresciuta negli anni a ritmo sempre più sostenuto, estendendo la sua gamma produttiva a diverse tipologie di macchine utensili.
E' nel corso degli anni ’30 che l’azienda fa il suo ingresso nel mercato del sottocarro per mezzi cingolati divenendo protagonista assoluta del settore tanto che negli anni '70 la famiglia Bertoni entra nell'orbita prima del gruppo Hoesch, successivamente del gruppo Krupp ed infine - siamo agli anni '90 - del gruppo Thyssenkrupp.
Propositi sbandierati e disattesi
La globalizzazione del mondo post industriale, sta oggi mettendo in serio pericolo proprio le maestranze che, come in molti altri casi, hanno reso grande l'azienda, alla faccia dei principi etici sbandierati per darsi un contegno social all'altezza dei tempi.
Intanto, però, gli stabilimenti a noi più vicini - quelli italiani di Copparo (FE) e di Castelfranco Veneto (TV), ai quali si affianca quello di Bologna (BO) - sono in agitazione per via di ristrutturazioni aziendali che passano, forse è il caso, come dei caterpillar sulla pelle degli operai.

Posti di lavoro in fumo
Se la ristrutturazione dello stabilimento di Copparo, varata lo scorso novembre, prevedeva l'esodo anticipato per 400 dipendenti, solo 152 dei quali hanno fino ad oggi accettato, con gli altri 250 operai del luogo che sentono il fiato sul collo, a Castelfranco Veneto la situazione non è migliore nonostante sui 65.000 mq di stabilimento si producano ruote tendicingolo e rulli per macchine agricole e siano attive linee all'avanguardia per l'assemblemento di catene e impianti automatizzati ma anche linee di stampaggio manuale.

Ma anche qui, dove la componente umana sembra fare ancora parte del gioco, gli operai sono in cassa integrazione che scadrà tra due mesi, mentre sul futuro dello stabilimento trevigiano è calato il silenzio e nei visi dei lavoratori che tra Castelfranco e Copparo, sono in sciopero per la terza volta durante questa settimana, si legge chiaramente il timore per il licenziamento.
La guerra a tutti non farebbe male
Tenere la fabbrica al 40% della sua capacità produttiva fa gioco solo alla proprietà che così giustificherebbe il suo disegno di dismissione degli impianti, piuttosto che di riconversione - possibile secondo i sindacati - o vendita per il ritorno, si augurano sempre gli operai, al settore della difesa, in questi tempi di guerra e riarmo, che era l'originaria vocazione della fabbrica di Castelfranco Veneto.
E mentre gli operai sono in sciopero anche oggi 6 marzo 2025, la Fiom Cgil, ci fa sapere che l'adesione è totale da parte dei lavoratori, con lo stabilimento fermo per l’intera giornata ed un centinaio di presenze al presidio davanti ai cancelli dell’azienda di Borgo Padova, con le rappresentanze sindacali Fiom Cgil Treviso e Fim Cisl Belluno Treviso.
"Oltre alla disdetta della contrattazione aziendale - comunicano i rappresentanti sindacali in agitazione dallo scorso mese di ottobre - i 150 lavoratori in forza allo stabilimento di Castelfranco sono attualmente in cassa integrazione ordinaria, ma le previsioni riguardo ai carichi di lavoro indicano che l’azienda sta andando pericolosamente verso uno spegnimento e uno svuotamento di tutta la capacità produttiva del sito, mentre bisognerebbe guardare ad intercettare nuovi investitori per il suo rilancio industriale"
Non ci sarebbero, insomma, certezze né prospettive oltre al 5 maggio, data in cui finirà il periodo di cassa integrazione. La mancata partecipazione dei vertici aziendali al tavolo convocato dal Ministero per fare chiarezza sulla crisi fa crescere ulteriormente la preoccupazione.