Treviso

Undicesimo Vineria Treviso, chiude il ristorante stellato

Inagurato nel 2014, il locale rivelazione di via della Quercia chiuderà il prossimo 30 aprile con l'ultimo servizio. Il post dello chef Francesco Brutto.

Undicesimo Vineria Treviso, chiude il ristorante stellato
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Capolinea già segnato: il prossimo 30 aprile sarà il giorno dell'ultimo servizio al pubblico dell'unico ristorante stellato di Treviso.

Undicesimo Vineria Treviso, chiude il ristorante stellato

Il capolinea è già segnato: il prossimo 30 aprile sarà il giorno dell'ultimo servizio al pubblico del ristorante "Undicesimo Vineria" di Treviso, in Via della Quercia, locale "rivelazione" degli ultimi anni nella Marca con tanto di stella Michelin conquistata nel 2017. A dare l'annuncio via social proprio i titolari, che si sono congedati:

"Cari amici e clienti,
vi informiamo che l’avventura di Undicesimo Vineria si concluderà il 30 aprile con l’ultimo servizio al pubblico. In questi anni abbiamo trascurato aspetti importanti della nostra vita dedicandoci il più possibile a questo meraviglioso progetto, e l’abbiamo fatto volentieri, con lo scopo di offrirvi una cucina di alto livello, vini ricercati ed un servizio che fosse accogliente e che potesse fare della vostra visita un’esperienza unica. Ora abbiamo deciso di riprendere in mano delle cose lasciate un po’ da parte come famiglia, studio e ricerca per chissà un domani riaprire le porte a voi ospiti. Ringraziamo tutti quelli che hanno lavorato con noi senza i quali non ce l’avremo mai fatta!! Nel ringraziarvi per tutto il sostegno e l’affetto che ci avete regalato vi aspettiamo in questi ultimi due mesi, nei quali proporremo un menù che ci piace considerare come la sintesi di questi sei anni di sperimentazioni e ricerche ed un menù con i piatti che avete più apprezzato che noi ormai a tutti gli effetti consideriamo i nostri "classici".

Undicesimo Vineria Treviso, chiude il ristorante stellato

Lo chef Francesco Brutto, enfant prodige della ristorazione

Un congedo, quello dello chef Francesco Brutto e del suo socio Regis Freitas, sicuramente non facile dopo un'avventura ricca di emozioni e soddisfazioni, iniziata con l'inaugurazione del locale nel 2014. E' stato lo stesso Brutto a spiegare meglio sul suo profilo Facebook la decisione:

"Un’abusata frase ritorna spesso nelle bacheche social di cuochi o aspiranti tali, “cucinare è come amare…”. Nel tempo una profonda presa di coscienza mi ha fatto capire che in realtà cucinare E’ amare. Amare la propria cucina, il proprio ristorante, i propri piatti, i tuoi dipendenti, i tuoi coltelli o le materie prime che ogni giorno entrano dalla porta sul retro. Per questo quelli come me che Amano profondamente quello che fanno dimenticano talvolta che l’amore non può essere investito in un'unica direzione, si perde di vista ciò che potrebbe essere amabile del mondo. L’impegno che riverso nel lavoro sfoca ed offusca i paesaggi e le persone che mi stanno attorno. Riconoscimenti, guide, conferenze offuscano tutto il resto e ci fanno restare costantemente focalizzati su di un solo obiettivo: riuscire nel proprio lavoro. E più si va avanti più la nebbia si infittisce. Questa nebbia rallenta il tempo, noi pensiamo che quello che stiamo investendo ritornerà indietro, e pure con gli interessi, quando finalmente saremo giunti al nostro traguardo. Ma non è così. Il tempo è il valore più prezioso che un uomo possa avere in questa nostra piccola vita, e conferirlo solo al lavoro è una cosa da sciocchi. In un momento di mille accolli contemporanei sono arrivato a chiedermi se io veramente sappia usare la mia libertà. So sfruttare questo mio tempo? La risposta evidentemente è stato un no a lettere capitali. Sbatto le braccia e le gambe come le persone che affogano e così facendo peggioro solo la mia situazione, quando in realtà a pochi passi c’è la riva. Investo sempre più tempo in cucina tra pentole e padelle, servizi concitati, corse in macchina per far la spesa, urla e incazzature quando invece la mia riva è più vicina di quello che penso. Scendo in laboratorio, indago, provo, sbaglio, studio (detto da uno che non si è sicuramente distinto per il profitto scolastico) e ci riprovo. E sto bene. Sto finalmente bene. Ritagliarmi il tempo per CAPIRE e non per FARE.

Lontano dai fornelli, ma vicino alla compagna a Venissa

A metà tra confessione e sfogo, il post di Brutto presegue:

"Come sapete, e se non sapete ve lo dico, ad Undicesimo Vineria per lunghi periodi ho lavorato solo, talvolta anche senza lavapiatti, a volte perché pensavo di essere Superman, a volte perché non trovavo le persone giuste, a volte perché non avrei avuto i soldi per pagarle. Ma quando le avevo ero felice. Ero felice perché mi donavano il loro tempo e mi permettevano di usare il mio per nuotare verso riva ovvero stare in laboratorio. Per questo avrei, se siete tutti d’accordo, il desiderio di smettere, almeno per un po’, di cucinare per voi e farmi “i cazzi miei”. Non chiedetemi dei nuovi progetti (che tra queste due parentesi vi svelo in confidenza di avere, chiusa parentesi). Mi metterò a studiare, a provare, a creare e costruire cose nuove, ma lontano dai fornelli, se non per qualche cena “a casa” (per casa intendo ristoranti) di cari amici che ho avuto il piacere e l’onore di conoscere in questi anni. Logicamente mi troverete sempre a Venissa a fianco della mia (ormai è risaputo nonostante avessimo cercato di evitarlo) splendida compagna. Mi sto prendendo il tempo di poter sbagliare più di quanto sia concesso a un cuoco di ristorante (capitemi) per poter in futuro darvi da mangiare qualcosa che sia il risultato di mille errori. Mi sto prendendo più tempo per baciare la mia compagna e più tempo per abbracciare i miei genitori, avrò il tempo per finalmente finire almeno uno di quei quattro libri sul comodino che mi trascinavamo da anni, di notte, mentre le ore dedicate al sonno si assottigliavano, fino a quando mi si chiudevano gli occhi, e la persona accanto a me già dormiva da ore. Potrò vestirmi bene il sabato e il venerdì sera e uscire con gli amici. Potrò smetterla di inseguire le stagioni ed iniziare a viverle, semplicemente godere del freddo pungente dell’inverno, del tepore del primo sole di primavera, del caldo che ti fa sudare d’estate non dentro una cucina ma in una montagna, una spiaggia, un prato. Potrò guardare film e ascoltare musica sul divano con le finestre aperte che portano i profumi della natura invece che nel laboratorio della pasta con le cuffie sotto la luce al neon. Potrò smettere di sentirmi inadeguato, non abbastanza bravo o banale agli occhi delle persone che si siedono al nostro tavolo, potrò per un po’ smettere di provare ad essere migliore di quello che sono agli occhi degli altri e provare invece a migliorarmi davvero, ad apprendere, studiare, esaminare a fondo quello che nella frenesia di condurre un ristorante tralasci o sfiori. Avrò tempo di imparare meglio a far crescere un orto, potrò imparare a fare il vino o l’olio forse, di capire cosa avviene nel nostro corpo e nel nostro cervello quando mangiamo o beviamo qualcosa. Potrò fare le cose più noiose, sistemare casa, fare la spesa, stendere i panni senza l’angoscia di togliere tempo al lavoro o ancora peggio al poco tempo libero. Potrò viaggiare. Potrò vivere in un’altra città. Farmi una famiglia".

Una pausa per crescere e poi ripartire

"Quello che potrete fare voi invece è aspettare, rendermi l’un per mille di tutto il tempo e l’amore che ho riversato nella mia cucina e fidarvi di questa mia scelta fatta per crescere. Aspettate che torno (quasi una minaccia!). E se volete nel frattempo potete anche chiedervi voi stessi se sapete o meno essere liberi, a me è servito. Pubblico questo testo, come se fosse un mio piatto, di getto, creato in 30 secondi, creato nella mia testa…ma come per i miei piatti è l’esito di una profonda introspezione, conoscenza dell’ingrediente, della tecnica e di un vocabolario di sapori/parole sicuramente limitato ma aperto ad ogni input esterno. Mi si voglia perdonare, almeno questa volta, se il gusto o la presentazione non è di vostro gradimento".

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