Un Canova venduto all'asta per 2,5 milioni

Si tratta di un busto dedicato a Lucrezia d'Este, realizzata dallo scultore di Possagno realizzata nel 1821.

Un Canova venduto all'asta per 2,5 milioni
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Un Canova venduta all'asta per 2,5 milioni. Il busto marmoreo di Lucrezia d'Este di Antonio Canova è stato venduto all’asta, sabato 27 aprile, a Monaco (F) per 2,5 milioni di euro. La scultura è datata 1821 e non era più apparsa in pubblico dal 1928. L’opera riscoperta raffigura Lucrezia d’Este, la figlia terzogenita del duca di Ferrara Ercole II d’Este e della principessa Renata di Francia e nipote del re di Francia Luigi XII e di Anna di Bretagna, vissuta nel XVI secolo.

Franck Baille, presidente dell’Hôtel des Ventes di Montecarlo, ha specificato che il busto è stato acquistato da un collezionista britannico. Sebbene non si conosca la sua identità, è noto invece il primo proprietario dell'opera: Alexander Baring (27 ottobre 1774 – 12 maggio 1848), poi Barone di Ashburton. Membro della nota famiglia di banchieri inglesi, aveva acquistato ben tre opere di Canova oltre la Testa di Lucrezia D’Este: un San Giovanni Battista in figura di piccolo bambino sedente, un’ Erma di Beatrice e un’ Erma della Pace.

Lucrezia ideale

Partendo probabilmente dalla ritrattistica femminile napoleonica, la figura femminile divinizzata, Canova traeva, fin dall’inizio del secondo Ottocento, la tipologia delle teste ideali. In esse indagò la bellezza muliebre attraverso sottili variazioni formali e d espressive. Missirini (1824, p.221) sottolineava come Canova alle volte “quando s’avveniva in alcun leggiadro aspetto, di quello facea diligente ricordo, e poi girandoselo per la fantasia effigiava alcune sue teste e busti, che veramente avresti detto tenere di una specie intelletta: così sapea egli abbellir le sembianze e dar loro spiritualità e divinità”. S’ispirava così alle figure della mitologia, della letteratura antica e moderna, alle idee personificate o, infine, al dato naturale. Lo scultore scolpì, così, figure esemplificative della sua poetica di un ideale di bellezza che aveva saputo reinventare e non semplicemente imitare dall’antico. Era questo il modo di dar risposte alla sua committenza, soprattutto straniera e, allo stesso tempo, di poter soddisfare gli obblighi di riconoscenza verso molte personalità che avevano collaborato per il ritorno dei capolavori in Italia dopo il 1815.

Molte variazioni nelle fisionomie e nelle elaboratissime acconciature potevano distinguere i diversi prototipi. L’immancabile ed evocativa efficace sensoriale, l’inarrivabile perfezione dell’ “ultima mano” canoviana e la realistica evidenza tattile del volto erano meravigliosamente colte nelle “picciolette masse ricciolute” raccolte nella rappresentazione di Lucrezia in una vorticosa crocchia sulla sommità del capo e scandite sulla fronte per favorirne la spaziosità e raccolte verso le tempie da ambo i lati del volto.
Mario Guderzo, Direttore di Gypsotheca e Museo Antonio Canova
Estratto dal saggio "Lucrezia ideale", Dal Catalogo dell’ Hôtel des Ventes de Monte-Carlo, Monaco

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