Coldiretti Treviso

"Gli effetti della guerra si stanno facendo sentire anche sulle attività agricole trevigiane"

Il presidente Giorgio Polegato: "Qui da noi è a rischio un allevamento su quattro che dipende per l’alimentazione degli animali dal mais importato da Ungheria e Ucraina".

"Gli effetti della guerra si stanno facendo sentire anche sulle attività agricole trevigiane"
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La guerra non è una cosa lontana e nemmeno una questione nazionale. Qui a Treviso, nella Marca trevigiana, gli effetti sono già ben presenti e drammatici. Bisogna portare in campo soluzioni e non dichiarazioni”. L’appello è di Giorgio Polegato, presidente di Coldiretti Treviso che vuole rivolgersi ai parlamentari trevigiani dopo l’ennesima notizia che mette in crisi anche l’agricoltura di casa nostra. Si tratta della decisione dell’Ungheria di ostacolare le esportazioni nazionali di cereali, soia e girasole verso l’Italia.

Attività agricole di Treviso in crisi a causa della guerra tra Russia e Ucraina

Qui da noi è a rischio un allevamento su quattro che dipende per l’alimentazione degli animali dal mais importato da Ungheria e Ucraina che hanno di fatto bloccato le spedizioni e rappresentano i primi due fornitori dell’Italia del prezioso e indispensabile cereale – aggiunge Polegato che si unisce all’allarme lanciato dal presidente nazionale Ettore Pradini che denuncia il comportamento irresponsabile di un Paese che fa parte dell’Unione Europea come l’Ungheria che ha bloccato anche l’export di grano e altri cereali come segale, orzo, avena e quello di semi di soia e di girasole fino al 22 maggio - E’ stata notificata a Bruxelles una decisione che compromette il mercato unico e mina le fondamenta stesse dell’Unione Europea” affermava nelle scorse ore Prandini nel sollecitare “un opportuno intervento della Commissione europea per fermare comportamento assurdo ed assicurare il regolare funzionamento del mercato unico".

Dall’Ungheria sono arrivati in Italia ben 1,6 miliardi di chili di mais nel 2021 mentre altri 0,65 miliardi di chili dall’Ucraina per un totale di 2,25 miliardi di chili che rappresentano circa la metà delle importazioni totali dell’Italia che dipende dall’estero per oltre la metà del proprio fabbisogno, secondo le analisi della Coldiretti.

“Siamo di fronte ad una nuova fase della crisi, dopo l’impennata dei prezzi arriva il rischio concreto di non riuscire a garantire l’alimentazione del bestiame” avverte Prandini nel precisare che “da salvare ci sono tra l’altro 8,5 milioni di maiali, 6,4 milioni di bovini e oltre 6 milioni di pecore".

L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti dalle industrie agli agricoltori che sono stati costretti a ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati perché molte industrie per miopia hanno preferito continuare ad acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale, approfittando dei bassi prezzi degli ultimi decenni, anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale attraverso i contratti di filiera sostenuti dalla Coldiretti.

"Il prezzo del grano – ricorda la Coldiretti – ha messo a segno un aumento del 40,6% in una settimana per un valore ai massimi da 14 anni di 12,09 dollari per bushel (27,2 chili) che non si raggiungeva dal 2008 ma su valori al top del decennio si collocano anche le quotazioni di mais mentre la soia sale del 5% nella settimana, secondo l’analisi della Coldiretti alla chiusura settimanale del Chicago Board of Trade, punto di riferimento per le materie prime agricole".

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