L'effetto dei dazi al 15% sui vini: un problema molto trevigiano
La seria valutazione dell'Unione Italia Vini: quali sviluppi per la viticoltura della Marca?

Mentre si sprecano i commenti sugli effetti che i dazi introdotti dagli Stati Uniti sulle importazioni dall’Unione Europea e dall’Italia, avranno sul futuro del commercio mondiale, e dato che molto spesso tali commenti sono confezionati tenendo conto più delle simpatie politiche di chi scrive, piuttosto che dei reali problemi aziendali, noi abbiamo voluto andare alla fonte per conoscere il parere delle aziende, piuttosto che speculare sui motivi per i quali il Presidente americano abbia avviato questa battaglia o se l’Europa e l’Italia potevano o dovevano agire diversamente.

E se, stando sul portale di Treviso, parleremo di dazi sui vini, chi meglio dell’Unione Italiana Vini (UIV) poteva spiegarci la situazione?

Chi è l’UIV
L’Associazione è il punto di riferimento istituzionale, tecnico e strategico per il settore vitivinicolo italiano. Essa è stata fondata nel 1895, allo scopo di rappresentare, sostenere e promuovere le aziende della filiera.
Oggi, UIV conta 800 aziende e tutela più di 150.000 viticoltori ovvero il 50% del fatturato complessivo del vino in Italia e più dell’85% del export del vino italiano.

Cosa dice l’UIV sui dazi
Dopo l’accordo sui dazi tra UE e USA, il primo commento secco di Lamberto Frescobaldi, presidente di UIV è stato:
“Le tariffe al 15%, per il vino rappresentano un danno di 317 milioni di euro”.
Paolo Castelletti, past-president del sodalizio, dal canto suo ha precisato:
“Con un dazio al 15% le imprese non possono essere soddisfatte. Le produzioni più esposte potrebbero essere Moscato d’Asti, Pinot grigio, prosecco, rossi toscani e vini piemontesi”.
Questa la valutazione più precisa di Frescobaldi:
“Con i dazi al 15% il bicchiere rimarrà mezzo vuoto per almeno l’80% del vino italiano. Il danno che stimiamo per le nostre imprese è di circa 317 milioni di euro cumulati nei prossimi 12 mesi, mentre per i partner commerciali d’oltreoceano il mancato guadagno salirà fino a quasi 1,7 miliardi di dollari. Il danno salirebbe a 460 milioni di euro qualora il dollaro dovesse mantenere l’attuale livello di svalutazione. Facciamo sin d’ora appello al governo italiano e all’Ue per considerare adeguate misure per salvaguardare un settore che grazie al buyer statunitense era cresciuto molto”.

L’accordo tra la Commissione europea e l’amministrazione Trump per l’applicazione di tariffe al 15% per le esportazioni di vini italiani, è entrato in vigore dal 1° agosto. L’incontro in Scozia tra i presidenti Trump e von der Leyen ha sciolto una situazione di incertezza che stava bloccando il mercato, ed ora cosa succederà?
Dice ancora Frescobaldi:
“Ora sarà necessario assumersi il mancato ricavo lungo la filiera per ridurre al minimo il ricarico allo scaffale. Secondo le nostre analisi, a inizio anno la bottiglia italiana che usciva dalla cantina a 5 euro veniva venduta in corsia a 11,5 dollari; ora, tra dazio e svalutazione della moneta statunitense, il prezzo della stessa bottiglia sarebbe vicino ai 15 dollari. Con la conseguenza che, se prima il prezzo finale rispetto al valore all’origine aumentava del 123%, da oggi lieviterà al 186%”.
Insomma, un conto molto più salato alla ristorazione, dove la stessa bottiglia da 5 euro, al tavolo potrebbe costare circa 60 dollari.
Castelletti, ora segretario generale di UIV, ne dice:
“Non ci si può ritenere soddisfatti per questo accordo: un dazio al 15% è certamente inferiore all’ipotesi del 30%, ma è altrettanto vero che questa tariffa è enormemente superiore a quella, quasi nulla, del pre-dazio. L’Italia rischia inoltre di subire un impatto maggiore, da una parte per la maggiore esposizione netta sul mercato statunitense, pari al 24% del valore totale dell’export contro il 20% della Francia e l’11% della Spagna”.

Con queste considerazioni, secondo l’UIV, il rischio è di trovarsi, a fine 2026, nelle condizioni in cui il mercato era nel 2019 una situazione che non ci voleva considerato che i 364 milioni di bottiglie che sono in America, per un valore di oltre 1.3 miliardi di euro, costituiscono da sole il 70% dell’export italiano verso gli Stati Uniti.
Il Veneto?
Del Veneto è oltre un terzo del problema se consideriamo che di quei 364, oltre 130 milioni di bottiglie sono venete ed equivalgono al 23% dell'export veneto. Tradotto, significherebbe un salasso da circa 100 milioni.