Villa Maria, la nobile arte di fare il vino
L’erede dei Conti di Panigai perpetua una tradizione che risale a quasi due secoli fa a Farra di Soligo.
Villa Maria, la nobile arte di fare il vino. La famiglia Panigai affonda le sue radici nel lontano 1080, anno in cui Falcomarius di Panigai è insignito del titolo di ‘Sire’.
Nel 1250, i Panigai, originari di Concordia (Pordenone), vengono elevati al rango di Conti, con feudi collocati nella bassa friulana. Intorno alla metà dell’800, un ramo della famiglia si insedia a Farra di Soligo, a metà strada fra Valdobbiadene e Conegliano, nel cuore dell’area storica produttiva del Prosecco.
La terra viene lavorata da numerosi coloni finché, nella prima metà dell’Ottocento, i vigneti iniziano a essere l’attività prevalente. Nel 1882 il vino prodotto dai Panigai vince il primo premio alla Mostra Città di Montebelluna.
Oggi, i discendenti della nobile stirpe rappresentati dal Conte Rambaldo Bevacqua di Panigai ed i suoi figli Falcomario e Francesca, perpetuano l’attività di vignaioli, in un processo produttivo che li vede costantemente impegnati ad ottenere vini di eccellenza.
Villa Maria, la nobile arte di fare il vino
Dal 2018 (Luca) Falcomario Bevacqua di Panigai è unico proprietario dell’azienda vitivinicola.
A iniziare l’attività vinicola fu Gio Bortolo, figlio di Giovanni e papà di Giuseppe, Falcomario e Rambaldo (che oggi ha 81 anni e che ha lasciato la guida della cantina al figlio Falcomario, 48enne, mentre la figlia Francesca, 40 anni, gestisce l’agriturismo della splendida villa padronale antistante la cantina).
«I Panigai, che nel Settecento commerciavano in sale a Nord e in ferro a Sud - ci racconta papà Rambaldo - furono tra i primi ad accettare la sottomissione alla Serenissima e per questo furono premiati con il titolo nobiliare. I Panigai hanno un’origine antichissima, alcuni documenti testimoniano della morte di tre fratelli Panigai, nel 1400, durante la battaglia contro i Turchi, e soltanto un figlio minore rimase a difendere le proprietà aiutato da una squadra di Schiavoni. Ma, quando crebbe, morì anche lui per opera dei Mori».
Il vino prende il nome da Villa Maria, l’antica casa di caccia padronale che domina un’intera area collinare di proprietà della famiglia. Sugli erti pendii, si srotolano filari di viti dalle quali viene raccolta l’uva per la produzione del Valdobbiadene Docg, in un contesto paesaggistico di rara bellezza.
Nel corso della ristrutturazione della casa padronale, intorno al 1980, sono stati rinvenuti diversi cimeli di origine longobarda, in due tombe: spade, un umbone di scudo in oro e uno scheletro che con ogni probabilità è attribuibile a un importante condottiero longobardo, vista la raffinatezza e il pregio delle decorazioni dell’umbone. Gran parte dei reperti rinvenuti sono stati ritirati dalla Sovrintendenza, ma qualche reperto minore è oggi esposto in un’apposita area museale interna alla cantina. Nel 2006 è stato rinvenuto anche, proprio nella cantina e durante una ristrutturazione, un antico pozzo; uno dei rarissimi pozzi presenti all’interno di edifici, in questo caso di quella che era una vecchia stalla.
L’azienda si sviluppa su circa 33 ettari coltivati a vigneti glera e vitigni autoctoni (di cui 23 ettari a Docg) nella fascia collinare di Farra di Soligo, e nella fascia Doc pianeggiante, oltre a un paio d’ettari coltivati a rosso.