Tutto pronto per un appuntamento attesissimo ogni anno da tanti appassionati della bellezza unica del nostro Paese. Sabato 11 e domenica 12 ottobre 2025 tornano le Giornate FAI d’Autunno, il più importante evento di piazza dedicato al patrimonio culturale e paesaggistico d’Italia e alle storie inedite e inaspettate che custodisce con visite a contributo libero in 700 luoghi speciali in 360 città dai grandi capoluoghi ai piccoli comuni, dai centri storici alle province, da Nord a Sud della Penisola. E in provincia di Treviso?
Il post per celebrare i cinquant’anni dell’evento:
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Giornate FAI d’Autunno 2025
Le Giornate FAI garantiscono l’opportunità unica di scoprire un’Italia meno conosciuta e di esplorare siti generalmente inaccessibili dalle grandi città ai borghi, da veri e propri monumenti a luoghi curiosi che ugualmente raccontano la cultura millenaria e multiforme del nostro Paese. Un modo per contribuire alla tutela e alla valorizzazione di questo patrimonio, che va innanzitutto conosciuto, frequentato e raccontato.

È questa la missione del FAI: “curare il patrimonio raccontandolo” a cominciare dai suoi 72 Beni aperti al pubblico durante l’anno, ma ampliando e arricchendo questo racconto proprio in occasione delle Giornate FAI d’Autunno, quando 700 luoghi saranno aperti in tutta Italia grazie a migliaia di delegati e volontari del FAI e agli Apprendisti Ciceroni, giovani studenti appositamente formati per raccontare le meraviglie del loro territorio.
Le Giornate del FAI offrono un racconto unico e originale dei beni culturali italiani, che risiede nella loro Storia intrecciata con la Natura, nei monumenti e nei paesaggi, nel patrimonio materiale e immateriale, e nelle tante storie che questi possono raccontare, che insegnano, ispirano e talvolta anche commuovono.
Scopri i luoghi inaccessibili da visitare a Treviso
MEMORIALE BRION – ALTIVOLE

Immerso nella campagna trevigiana, un capolavoro dell’architettura del Novecento: un luogo di silenzio, pace e armonia in cui culture e religioni diverse si fondono in un’esperienza memorabile.
Il Memoriale Brion, donato al FAI da Ennio e Donatella Brion, fu commissionato nel 1969 dalla loro madre Onorina Brion Tomasin, in memoria del marito defunto, Giuseppe Brion, nato a San Vito di Altivole, fondatore e proprietario della Brionvega, azienda di punta nella produzione di apparecchi elettronici di design del secondo Dopoguerra. Ultima opera di Carlo Scarpa, tra le sue più complesse, originali, significative e care, fu realizzato tra 1970 e 1978, anno della morte dell’architetto in Giappone, e ultimato sui suoi progetti: un patrimonio di 1500 disegni autografi che rappresentano il monumento in ogni minimo dettaglio.
Memoriale Brion si trova immerso nella campagna trevigiana, ai margini del paese di San Vito d’Altivole e a ridosso del suo piccolo camposanto, da cui vi si accede attraverso un monumentale ingresso caratterizzato da una scenografica apertura a forma di due cerchi intrecciati, simbolo dell’amore coniugale su cui si fonda l’intero progetto. Tra verdi prati solcati da canali con vasche coperte di ninfee, disegnati in geometriche forme che rievocano paradisi islamici e giardini giapponesi, sorgono quattro edifici. Il fulcro del complesso è l’arcosolio, un arco-ponte ribassato in cemento rivestito all’interno da un manto rilucente di tessere di vetro e foglia d’oro, che protegge i sarcofagi dei due coniugi Giuseppe e Onorina Brion. Memoriale Brion è un cimitero di famiglia, cui il genio di Carlo Scarpa, che qui si esprime in uno straordinario virtuosismo, ha dato la forma e l’atmosfera di un grande giardino aperto a tutti, luogo di silenzio, pace e armonia in cui si fondono culture e religioni diverse, per invitare chiunque la visiti a una riflessione universale sulla vita e sulla morte, un’esperienza memorabile, unica e coinvolgente.
CHIESA DI SANTA LUCIA EX PARROCCHIALE BIADENE – MONTEBELLUNA

La chiesa dei Santi Lucia e Vittore si trova a Biadene, frazione del comune di Montebelluna di Treviso. E’ situata ai piedi del Montello a est della Strada Feltrina, a ridosso della celebre villa Correr/Pisani
In epoca pre-romana sul luogo sorgevano due castellieri, quello di Santa Lucia e Biadene. Con l’avvento del cristianesimo sul sito del castelliere di Santa Lucia venne fondata la chiesa di San Michele. Alla fine del ‘500 la Repubblica di Venezia requisì il bosco del Montello, il cui legname veniva impiegato per la costruzione delle proprie navi. Gli abitanti dovettero trasferirsi in pianura, venne risparmiata solo la chiesa che però, lontana dal centro, venne abbandonata a favore della cappella di San Vittore. Alvise Pisani, in occasione delle nozze del figlio Almoro II con Isabella Correr, commissionò la costruzione della chiesa in luogo della preesistente cappella di S. Vittore.I lavori si svolsero tra il 1714 e il 1719 e la chiesa per molto tempo fu la parrocchiale di Biadene.
Non si conosce il nome dell’architetto che ha ideato l’edificio. Si tratta di una struttura ad una sola navata con una sobria ed elegante facciata di ispirazione palladiana, sormontata da un classicheggiante timpano. Ricercata e preziosa la decorazione della navata, degli altari e del presbiterio mediante marmi pregiati e motivi ornamentali in stucco di colore bianco e oro. Nel catino dell’abside si può ammirare l’opera pittorica di maggiore interesse: l’Assunzione della Vergine, il primo affresco realizzato da un ventenne Giambattista Tiepolo, destinato a diventare in seguito uno dei più grandi artisti del Settecento (e che, sempre per la famiglia Pisani, realizzò al culmine della sua carriera pittorica la decorazione a fresco del salone da ballo della celebre Villa Pisani a Strà). L’affresco, in campo ottagonale, rappresenta la Vergine Assunta sostenuta da angeli in volo e illuminata dallo Spirito Santo, che, in forma di colomba, distende le ali. Altra importante opera fu realizzata nel 1804 da Giambattista Canal sul soffitto della navata. L’affresco raffigura la gloria dei Santi Lucia e Vittore e appare di stretta derivazione tiepolesca, concludendo in tal modo armoniosamente la decorazione della chiesa.
CHIESA DEI SANTI PIETRO E PAOLO DI CASTELLO ROGANZUOLO
Collocata geograficamente tra le Alpi e Venezia, questa località era stata prediletta dal Tiziano per la costruzione di una dimora che lo ristorasse durante i viaggi tra la laguna e il Cadore. La chiesa si trova in zona collinare, su una delle alture dei Castellari, in una posizione strategica che permetteva il controllo del territorio. Il colle ove si erge la chiesa è ornato da ulivi. Gli accessi principali sono fiancheggiati da cipressi e da tigli. Il paesaggio e il contesto sono agricoli, dolcemente caratterizzati da boschetti e vigne.
Il toponimo deriva probabilmente da “Castrum de Regençudo” e fa riferimento alla presenza sul colle di un castello di reggenza nel secolo XI. Il castello non deve essere stato costruito ex-novo: il sito ospitava una villa rustica in età romana. Il castello di reggenza, che fungeva da centro amministrativo e di governo per una specifica regione o territorio, apparteneva alla potente famiglia Da Camino, feudataria di vescovi e di patriarchi. Entro le mura c’era una piccola cappella dedicata ai Santi protettori: il primo nucleo dell’attuale chiesa monumentale, poi ampliata a causa all’aumento dei membri della comunità, nei secoli XV e XIX. La chiesa ricevette il titolo di ‘pieve’ nel secolo XIV.
La chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Castello Roganzuolo è un piccolo gioiello, uno dei luoghi sacri più preziosi presenti nella zona del coneglianese, anche se non molto noto. La struttura presenta una sola navata e volte a crociera, con due cappelle laterali ottocentesche. Diversi sono gli stili che si possono riconoscere: gotico veneziano, rinascimentale, barocco e ottocentesco. I materiali da costruzione usati sono pietra, mattoni a vista e intonaco bianco. La facciata non è riccamente decorata, ma molto lineare, con un rosone centrale. Varie sono le pareti affrescate. È presente un ciclo pittorico attribuito precedentemente a Pomponio Amalteo, più recentemente a Francesco da Milano (prima metà del Cinquecento). Il tema centrale degli affreschi è quello della vita dei Santi protettori della pieve, in particolare di San Pietro. Interessante il sottarco, rappresentante la parabola delle vergini stolte e delle vergini sagge. Nella chiesa è conservata copia della pala d’altare di Tiziano Vecellio, commissionata nel Cinquecento dalla comunità di Castello Roganzuolo. Il trittico originale del Tiziano, dopo varie vicissitudini nel corso della prima guerra mondiale e nel secondo dopoguerra, è custodito al Museo Diocesano di Vittorio Veneto.
VILLA SUGANA PERSICO ROSSI

Villa Sugana Persico Rossi si trova a Maserada sul Piave, località di circa 9000 abitanti a una ventina di chilometri da Treviso. Maserada era in origine un arcipelago di isole poste tra i rami del Piave nel tratto di pianura alluvionale compreso tra la Via Postumia e il fiume stesso. Il nome deriva da “maceries” per l’ aspetto del territorio segnato dalle inondazioni e per il conseguente accumulo di materiale sassoso. I territori furono nel tempo oggetto di intensi lavori di bonifica ad opera dei monaci.
La nostra è una delle ville più antiche in provincia di Treviso e pare fosse in origine un convento ospedaliero di ordine delle Paoline. Acquisito dalla famiglia Papadopoli, l’edificio fu convertito in dimora nobiliare e ampliato grazie all’ aggiunta di scuderie e altri fabbricati.Dopo alcuni passaggi di proprietà nell’800 l’immobile fu ceduto al conte Persico fino a quando,tra le due guerre,fu acquisito dalla famiglia Rossi ancora attuale proprietaria. Depredata nel corso della guerra di Cambrai (1508-16), saccheggiata durante l’occupazione napoleonica e danneggiata durante la prima e la seconda guerra mondiale quando fu sede di un commando tedesco, la villa successivamente è stata riportata all’antico splendore grazie ad accurati interventi di restauro fra gli anni 40 e 60 del Novecento
All’interno della villa si dispiega un ampio ciclo di affreschi. Il salone passante al piano terra del corpo centrale è arricchito da un lavamani in pietra precedente alla decorazione freschiva. Un finto loggiato recupera una tradizione tardo cinquecentesca efficace per impaginare la sequenza narrativa. Le grandi scene sono di effetto visivo, ma di non precisa identificazione. A destra dell’ingresso principale una porta immette in un piccolo ambiente detto “salottino di Cleopatra” dove sono raffigurati episodi incentrati sulla regina d’Egitto. Un’apertura di servizio introduce in un ampio ambiente destinato a partire dall’Ottocento alle attività di bachicoltura. Nel salone del teatro finti apparati arti tettonici riquadrano scene a carattere storico e allegorico. Due porte sul lato settentrionale conducono a stanzini dove sono presenti brani di pittura a soggetto venatorio. Un’apertura ad oriente conduce alla barchessa, ampio ambiente destinato a partire dall’ottocento alla attività di bachicoltura e all’oratorio dedicato a San Francesco. Un ampio apparato pittorico di significato allegorico e religioso si dispiega anche negli ambienti del piano nobile, iterando un modello affine a quello del salone delle Allegorie ma impreziosito da un soffitto a volta interamente affrescato.