Tamponi rapidi Covid, chiesto il rinvio a giudizio per il dottor Rigoli
Falsità ideologica in atti pubblici commessa da pubblico ufficiale e turbativa nel procedimento di scelta del contraente, i reati contestati al microbiologo trevigiano
Chiesto il rinvio a giudizio dalla Procura di Padova per il dottor Rigoli. Sotto accusa le verifiche effettuate sui tamponi rapidi.
Tamponi rapidi Covid, chiesto il rinvio a giudizio per il dottor Rigoli
"Ho ricevuto nella giornata di ieri (mercoledì 20 luglio per chi legge, ndr.) la notificazione della richiesta di rinvio a giudizio con la fissazione di una udienza preliminare e, nel pomeriggio di oggi, sono venuto a conoscenza che la notizia di questo atto è stata resa pubblica dagli organi di informazione".
Comincia così la nota diffusa dall'Ulss2 Marca Trevigiana per conto del dottor Roberto Rigoli, microbiologo trevigiano (in questi giorni in quarantena proprio causa Covid) noto per aver gestito, nella fase tra la prima e la seconda ondata Covid, la partita dei tamponi rapidi. Oltre a Rigoli, nell'inchiesta portata avanti dalla Procura di Padova, è finita anche Patrizia Simionato, ex direttore generale di Azienda Zero.
"In relazione alla accusa che mi viene mossa, desidero precisare che ritengo di avere operato nello svolgimento della mia attività con il massimo scrupolo e nell’esclusivo interesse della collettività. Come risulta dalla documentazione amministrativa relativa al bando di gara e da molti altri elementi di indagine raccolti, nella procedura per l’acquisto dei test rapidi per la rilevazione dell’antigene Covid 19 del mese di agosto 2020, mi era stata domandata una verifica documentale della corrispondenza tra le caratteristiche tecniche richieste dall’avviso pubblico e le schede tecniche dalla casa produttrice. Effettuavamo poi anche una valutazione sull’idoneità tecnica complessiva del kit che conteneva il test rapido (cioè la sua idoneità ad essere impiegato con facilità dagli operatori nel contesto emergenziale in atto)", prosegue Rigoli.
Falsità ideologica in atti pubblici commessa da pubblico ufficiale e turbativa nel procedimento di scelta del contraente, i reati contestati al microbiologo trevigiano.
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"Non era invece stata richiesta un’autonoma valutazione scientifica sull’attendibilità delle specifiche tecniche dichiarate dalla casa produttrice del test. Una tale indagine sarebbe stata del resto impossibile da svolgere poiché, da un lato, avrebbe richiesto uno studio dai tempi incompatibili con quelli ristrettissimi dettati dalla emergenza sanitaria e, dall’altro, i prodotti erano già stati oggetto di controllo e certificazione da parte degli enti competenti, anche internazionali. Sul punto basti ricordare che questi test – già utilizzati negli Stati Uniti – si sono poi rivelati utilissimi per il controllo della pandemia, sono stati venduti in tutto il mondo e ancora sono utilizzati. Nel corso delle indagini preliminari ho ampiamente spiegato il mio operato in un contesto di emergenza che mi ha visto, insieme a molti altri operatori sanitari, in prima linea, senza mai risparmiare le energie profuse per la salvaguardia della salute dei cittadini. Confido che già all’Udienza preliminare sarà possibile chiarire ogni aspetto della vicenda e appurare la correttezza del mio operato".